RIVISTA DI POESIA E CRITICA LETTERARIA “EUTERPE” APERIODICO TEMATICO DI LETTERATURA ONLINE NATO NEL 2011 ISSN: 2280-8108 N°33 * LUGLIO 2021 * – WWW.ASSOCIAZIONEEUTERPE.COM
Novecento, con approfondimenti relativi alle aree del Verismo e del Decadentismo e a Gabriele D’Annunzio, di cui ha reso noto carteggi e scritti inediti; […] ha dato il suo contributo di studioso, di poeta dialettale e in lingua all’Abruzzo, partecipando alle giurie dei premi come componente e come presidente»6. Tra gli altri critici che hanno scritto dell’opera di Moretti figurano poeti, scrittori, giornalisti, docenti universitari, critici, curatori editoriali tra cui è bene fare qualche altro nome (senza nessuna velleità di voler apparire con questo esaustivi): Francesco Di Ciaccia, Fulvio Guglielmo Casalese Di Mattia, Castellani, Ernesto Gianmarco, Toni Iermano, Sergio Pautasso, Daniele Maria Pegorari, Giorgio Petrocchi, Ugo Vignuzzi. Ecco, entriamo dunque nel vivo della materia: nel corpo poetico dialettale di Moretti sul quale ovviamente molto è stato già detto e forse molto altro ci sarebbe da dire. Gli studi di Vittoriano Esposito dedicati al Nostro si mostrano particolarmente vigorosi e attuali – sebbene prodotti ormai quasi una ventina di anni fa – e dunque meritori di essere riproposti. Il grande saggista di Celano – Zirè d’Oro a L’Aquila nel 2007 – sostenne che «Il poeta dialettale […] non deve in ogni caso essere il cantore «ingenuo», l’interprete fedele della comunità cui appartiene, ma anche e soprattutto il testimone di se stesso, della propria coscienza alle prese con il bene e il male di vivere, suo non meno che del prossimo. Foto 4 – Vito Moretti nella “Casa che nen ze chiude” a San Giovanni Chietino. La poesia dialettale diventa, così, aderente non più soltanto alla superficie delle cose, ma alla realtà interiore, allargando i propri orizzonti operativi fino ai misteri insondabili dell’essere»7. Moretti è sicuramente stato un valido rappresentante di quanto Esposito sostenne, vale a dire di un autore molto responsabile e conscio che il dialetto – la parlata locale, la lingua madre di ciascuno – abbia una rilevanza intima, probabilmente in-indagabile nella sua complessità, che va ben al di là del mero aspetto localistico e del colorismo folklorico. Dialetto come essenza delle cose, di espressione d’un’anima e non come mero popolarismo e malcelata nostalgia per una condizione subalterna, auto-sussistente, che basta a sé stessa ma che è dotata di uno sguardo troppo corto che appartiene allo ieri, più o meno lontano. Moretti – che neppure è possibile considerare propriamente come neodialettale, secondo le accezioni stringenti che questo lemma comporterebbe, rappresenta in questo una sorta di cesura – seppur non praticata con la reale volontà di recidere un qualcosa – verso un modo di fare poesia dialettale percepito come arcaico e in qualche maniera troppo tipicizzato, non più permeato dalle densità emotive e da un reale pathos. Si distanzia – per usare altre parole – da quella MASSIMO PASQUALONE, Nei vicoli del verso. Piccole geostorie dell’Abruzzo letterario, Irdi-destinazione, Francavilla al mare, 2020, pp. 143-144. 7 VITTORIANO ESPOSITO, Segni di scrittura. Aspetti e temi della poesia di Vito Moretti, Bulzoni, Roma, 1994, p. 58. 6
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