RIVISTA DI POESIA E CRITICA LETTERARIA “EUTERPE” APERIODICO TEMATICO DI LETTERATURA ONLINE NATO NEL 2011 ISSN: 2280-8108 N°33 * LUGLIO 2021 * – WWW.ASSOCIAZIONEEUTERPE.COM
già terra in fra le pietre vedendo, Amor l’inspiri.
Nel XII canto, si consuma la tragedia d’amore per eccellenza del poema, Tancredi e Clorinda si scontrano in un duello caratterizzato dall’ambiguità e paradossalmente giocato sulla cifra della sensualità, come se Tasso, consapevole dell’amore impossibile, trasferisse la fisicità del sentimento sulla lotta. L’episodio si svolge durante la notte e l’oscurità accentua e amplifica il momento in cui la ragione dei due guerrieri è obnubilata dalla pregnanza dell’ira e del furore guerriero. Combattono a corpo a corpo la loro singolar tenzone, i colpi diventano sempre più violenti nonostante l’oscurità impedisca di mettere in atto le loro abilità di spadaccini. Nell’ottava LVII i tre abbracci che dovrebbero essere d’amore, divengono invece nodi tenaci di un fiero nemico e non di un amante da cui ella si divincola. Non a caso Tasso richiama i celebri versi omerici142, virgiliani143 e danteschi144 dell’abbraccio impossibile. LVII Tre volte il cavalier la donna stringe con le robuste braccia, ed altrettante da que’ nodi tenaci ella si scinge, nodi di fer nemico e non d’amante. Tornano al ferro, e l’uno e l’altro il tinge con molte piaghe; e stanco ed anelante e questi e quegli al fin pur si ritira, e dopo lungo faticar respira
Mentre la lotta si fa sempre più accesa e ormai sono divenuti accaniti rivali, Tancredi deplora che il buio nasconda agli occhi di tutti un duello tanto esemplare, ma in realtà la sua vera sventura è di non riconoscere l’amata. L’erotismo velato della scena è evidenziato nell’ottava LXIV con dei termini da cui emerge la femminilità della donna: la spada avida che s’immerge di punta nel bel seno, la veste trapuntata d’oro che protegge con dolcezza le mammelle. LXIV Ma ecco omai l’ora fatale è giunta che ’l viver di Clorinda al suo fin deve. Spinge egli il ferro nel bel sen di punta che vi s’immerge e ’l sangue avido beve; e la veste, che d’or vago trapunta le mammelle stringea tenera e leve, l’empie d’un caldo fiume. Ella già sente morirsi, e ’l piè le manca egro e languente.
Anche la trafitta vergine dell’ottava LXV richiama a un’ambigua unione d’amore. Nel momento in cui la bella donna si accorge che sta morendo, la sua sensualità e i suoi ardori terreni si spostano su un altro piano, la spiritualità, mentre sopraggiungono le luci dell’alba, emblema di catarsi e illuminazione rispetto alla notte caratterizzata dal male e dall’oscurità da cui scaturiscono la cecità delle azioni umane. LXV OMERO, Odissea, XI, vv.206-208 VERGILIUS, Aeneis VI, vv.700-703 144 DANTE, Purgatorio, II vv, 76-81 142
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