RIVISTA DI POESIA E CRITICA LETTERARIA “EUTERPE” APERIODICO TEMATICO DI LETTERATURA ONLINE NATO NEL 2011 ISSN: 2280-8108 N°33 * LUGLIO 2021 * – WWW.ASSOCIAZIONEEUTERPE.COM
dirlo in sintesi, colui che perde il significato della vita può solo cercare di salvarsi attraverso un’arte insieme disperata ed estetizzante, divenuta fine a se stessa.” Forse si può dire che la meditazione è essenzialmente Ascolto. Questa nozione del Silenzio e dell’Ascolto mi è venuta dall’esperienza della meditazione, da un calarmi nell’interiorità, molto aiutata anche dallo studio di Jung e di Hillmann, dallo studio dei simboli e dei miti, quindi non si tratta a priori di dottrine o teorie estetiche o filosofiche: si tratta di una realtà percepita, che non può andare soggetta a mode. Se poi queste nozioni, magari rimasticate, o ben confezionate, sono diventate in certi casi di moda, o al contrario possono ad alcuni apparire qualcosa di superato, devo dire che ciò non mi riguarda. Ci sono cose con cui le mode non hanno a che fare e che non si possono mai considerare superate. Personalmente detesto sia le teorie, sia le mode: un po’ in tutto, ma soprattutto per quanto riguarda la poesia. E trovo avvilente scrivere poesia a partire da una qualsiasi posizione teorica, quasi che la poesia potesse esserne una “dimostrazione”, invece che da una ricerca di ascolto del silenzio interiore e cosmico, appunto. Se questo può apparire presuntuoso, pazienza. Quanto ai generi, è per me evidente che le separazioni di genere sono assurde, e possono essere solo frutto di una mania accademica e classificatoria. Non ci sono generi nell’arte, c’è un’opera d’arte riuscita o non riuscita, e basta. M.B.: La ricerca del linguaggio iniziatico, del linguaggio per pochi adepti è, come tu affermi, una delle tracce che più ti hanno ispirato nella tua poesia. La lunga serie di pratiche meditative che tu citi nella Nota di poetica lo sta a testimoniare. Nel giro di poche pagine si fa anche il nome di Mallarmé, ma non additandolo tra i propri maestri, anzi. È ben noto che il poeta di Valvins è a capo di quella che Fortini aveva chiamato la linea dell’oscurità e il tentativo di separarsi dal linguaggio “della tribù” fa di Mallarmé un poeta da leggere sotto iniziazione. Il motivo, tu spieghi, è che il poeta del Colpo di dadi pretese dalla Parola la totalità del Logos, senza rimanere, con la sua Poesia, al di qua della parola (quello che Luzi ha definito “l’eresia del simbolismo”). Non credi che, essendo ormai sdoganate (a livello editoriale, ad esempio) la meditazione, la mistica – sia orientale che occidentale – le pratiche religiose orientali e, di rimbalzo, questa tua modalità di poesia, possano ridursi, nella mente del lettore, a una precettistica oscura, più che a una pratica? Nel senso, non c’è il rischio che l’oscurità mallarmeana, durante la, riappaia per troppa consuetudine con una versione depotenziata di questo tipo di spiritualità, che la renderebbe dunque una sorta di rebus da leggere con le giuste chiavi (il rischio della poesia simbolista e, da noi, ermetica) più che 140