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VALTERO CURZI – “La possibilità dell’impossibilità di un sentimento amoroso”

La possibilità dell’impossibilità di un sentimento amoroso di VALTERO CURZI108

Gli amori impossibili sono quelli più struggenti, quelli che non finiscono mai e che, in alcuni casi, durano per sempre, tanto che gli amori irrealizzati, cioè limitati nel desiderio sono eterni, proprio perché la realtà non li contamina nella loro pura essenza d’essere. Romeo e Giulietta, Tristano e Isotta, Cyrano de Bergerac, Idolori del giovane Werthersono alcuni dei grandi successi della narrativa mondiale che sviluppano la loro trama su amori e dolori di giovani predestinati a non poter stare insieme.

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«Io temo, ecco, temo davvero che sia soltanto l’impossibilità di avermi che le rende così eccitante questo desiderio», parole pronunciate da Lotte allo spaesato e irragionevole Werther. Questa frase possiamo definirla emblema e specchio del sentimento romantico, lo slancio verso ciò che non si può avere, ma ugualmente è inseguito e desiderato. Tale articolazione del desiderio non può trovare la sua realizzazione nella vita cosciente del soggetto, e che dunque soddisfazione del desiderio e domanda di desiderio sono incompatibili. Freud vede nel sogno, e non nella realtà, il luogo della realizzazione del desiderio. Nella realtà il desiderio è destinato a rimanere insoddisfatto e il soggetto non può che sperimentarne la frustrazione, malgrado ciò agisca per averlo pur sapendo che non sia possibile. Ma è proprio questa posizione irriducibilmente insoddisfatta del soggetto circa il proprio desiderio che permette che il desiderio diventi domanda e il soggetto possa incontrare l'altro. Solo nel sogno è possibile che l’impossibile diventi vissuto reale, ma poi quando il sogno cessa e il soggetto si sveglia, ecco la frustrazione. Ma se il soggetto agente, nel sogno, è l’inconscio, questi al risveglio seppur accantonato dalla coscienza razionale, continua ad agire ricercando e desiderando ciò che sia impossibile che sia, almeno nella condizione reale, come ad esempio nella situazione particolare della lontananza non colmabile dell’amata/o. Insomma, là dove vi è soddisfazione del desiderio, quello puro primordiale, l'altro non può essere mai incontrato.

Ma cosa si nasconde dietro gli amori impossibili? Forse ammirazione, necessità, dolore, amore, affetto, compassione per se stessi, dipendenza emotiva. La risposta è una quantità infinita di possibilità. Da tempo immemore, le storie di amori travagliati hanno riempito il nostro immaginario, la letteratura, l’arte, ma tutti hanno un fondo di reale sussistenza perché chi sente di amare, si volge verso un soggetto «amabile», cioè potenzialmente possibile, anche se la possibilità è più vicina alla sua impossibilità. Tuttavia, la realtà è molteplice e in tanti casi particolari: non tutti gli amori sono possibili e non sempre vale la pena lottare per essi. Alcuni amori vanno lasciati andare e altri, semplicemente, non rendono giustizia alla bellezza di questo sentimento. A volte è meglio rinunciare a ciò che è irraggiungibile. Questo ingrediente letterario e artistico è garanzia di successo perché gioca con un vantaggio: tutti ci identifichiamo nell’amore impossibile. Ma perché?

Un amore senza sbocchi è faticoso, distruttivo e angosciante. Sfortunatamente, l’educazione emotiva che c’è impartita non serve a tenerci alla larga da questo tipo di calvario. Un romanticismo innato ci fa credere di percorrere la strada giusta, anche se il nostro cuore ne esce sempre più ferito. Per quanto possa sembrare strano, ci sono persone che si buttano in amori impossibili per evitare l’intimità amorosa. Queste persone, le

108 VALTERO CURZI (Senigallia, AN, 1957), filosofo, scrittore, poeta e critico d’arte. S’interessa d’arte per il legame che la unisce alla filosofia, nell’analisi interpretativa sul concetto nelle forme espressive, soprattutto a quelle d’arte concettuale. Per la poesia ha pubblicato le raccolte di versi Universo di Emozionie Il tempo del vivere è mutevole; per la narrativa un romanzo epistolare: Sotto il cielo turchino di Bayan Olgiie Detti memorabili, pensieri e riflessionidell’Omino delle foglie sulla Via del Taomentre per la saggistica Il giovane Napoleone .

“evasive”, vivono all’interno di finzioni che mantengono sempre idealizzate. Cercano relazioni in cui l’altra persona li rifiuterà o li abbandonerà. È il loro modo per sentirsi al sicuro di fronte alla vulnerabilità della vita intima reale visto che la vicinanza con un’altra persona viene percepita come pericolo. È l’ideale dell’amore platonico come amore non corrisposto. È un meccanismo paragonabile alla legge del mercato: le risorse limitate hanno un valore più alto, quelle abbondanti più basso. Così come una merce diventa oggetto di lusso quando non possiamo accedervi, le persone irraggiungibili assumono un valore sorprendente.

Cosa c’è di più esclusivo di una persona impegnata sentimentalmente che non abbandonerà mai il proprio partner, come è il caso di Werther verso Lotte: lei non può abbandonare il marito e questo vincolo attira Werther. Ma parliamo di vero amore? Come abbiamo visto un amore impossibile può rispondere a un’infinità di esigenze. Ogni caso particolare obbedisce alle proprie motivazioni ed emozioni; ciò nonostante, è chiaro che in nessun caso è un amore sano. L’amore non sempre è un fatto di felicità, ma anche di possibilità. Esiste una medianità, o il giusto mezzo, come sosteneva Aristotele, tra l’impossibilità assoluta di avere l’altro che si ama, e la possibilità reale di averlo: è il «sentimento amoroso» in un particolare vissuto quotidiano, la lontananza di chi si ama. Le emozioni costituiscono un capitolo fondamentale della nostra vita. Ci danno il senso e la misura di ogni nostro adattamento alle circostanze e fatti esterni a noi. Attraverso esse noi “viviamo” il quotidiano, lo elaboriamo e lo sentiamo nella misura in cui esso ci coinvolge e determina. Provare emozioni è quindi “vivere”, è ammettere che sia proprio la manifestazione della vita. Provare delle emozioni significa essere dotati di sensibilità, essere vivi. Il «sentimento amoroso», nello specifico, come momento di vita, genera “emozioni”. Il nostro discorso vuole proprio partite dalle emozioni che emergono all’interno di esso: l’amare nella costante lontananza dell’amato/a. Prendiamo come “emozioni” qualificanti quelle autentiche, ossia che si manifestano naturalmente nel vivere uno stato

d’animo d’amore nella lontananza. Le emozioni prevalenti sono quelle del vissuto interiore, posto che la manifestazione esteriore sia marginale, non potendosi manifestare, perché mancanti dell’oggetto del desiderio. Le emozioni interiori però, conoscibili solamente da chi le prova, costituiscono una varietà di sensazioni che nulla trasmettono e trapelano all’esterno, se non nelle manifestazioni somatiche di stati d’animo gioiosi e felici o tristi e malinconici. Ma possiamo pensare anche che si possa fingere o recitare una emozione, cioè produrre l’espressione tipica di una emozione senza sentire l’emozione. Ma nel “sentimento amoroso”, oggetto del nostro discorso, la finzione non è possibile per chi vive “l’amore”, non c’è possibilità di finzione perché la lontananza, filtrando le azioni “insincere”, lascia trasparire e assecondare solamente emozioni “pure” e “genuine”. Il non avere l’oggetto del proprio amore nel quotidiano, salvaguarda la sincerità del sentimento.

Chi fingerebbe di amare se non potesse avere quel che ama? Ma nella lontananza, questo non è possibile, in quanto la fisicità o materialità è negata, pertanto l’inganno, al solo fine di avere un vissuto emozionale non regge. Quindi, è evidente che questo “sentimento amoroso” vive solamente di emozioni sincere ed è portatore di valori qualificanti, di emozioni autentiche. Entriamo nel dualismo presenza-lontananza dell’amato, nella situazione dinamica di “vivere” l’emozione d’amore con la presenza dell’amato o viverla nella dimensione di una sua lontananza. Perché la natura ed essenza dell’emozione in questo dualismo si modifica e si sostanzia. L’emozione è congiunta alla ragione nel caso della presenza e all’immaginazione nel caso della lontananza. Il binomio emozione-ragione agisce e determina il vissuto esistenziale di un sentimento amoroso concreto nel quotidiano, perché chi ama e chi è amato hanno entrambi quel che amano, ossia loro stessi.

Nel binomio emozione-immaginazione ogni cosa è proiettata in una dimensione oltre la realtà quotidiana, ed è l’immaginazione che congiunge questi poli di vissuto: reale esistenziale e dimensione dell’altro nella situazione immaginata. A questo punto l’immaginazione, genera emozioni che non sono vissute, reali ma proiezioni immaginate di una situazione lontana dal nostro vissuto presente. Quest’aspetto immaginativo associato all’emozione è una caratteristica dell’amore nella tradizione letteraria medioevale e cioè: quando l’occhio dell’uomo incontra lo sguardo dell’amata, e segue poi un altro momento tutto interno all’amante, il cui elemento caratterizzante è il pensiero.

È proprio la lontananza che impedendo l’aversi di chi si ama, determina che il desiderio, agendo sull’immaginazione crea uno stato emozionale e quindi emozioni che “vivono” nel pensiero di chi desidera. Ma al contempo essendo la lontananza non colmabile, ne deriva che le emozioni sono un continuo uscire da sé per rincorrere l’immagine dell’amata/o. Nell’amore l’immagine della donna diventa oggetto di contemplazione mentale e sogno di felicità paradisiaca, anche se si tratta di un paradiso ancora tutto terrestre.

Torna quindi l’idea che concepisce l’amore come avventura immaginativa, che solo apparentemente sembra evitare la concretezza del gesto amoroso, e che vede la seduzione dell’oggetto d’amore come potere di insediarsi stabilmente nell’immaginario del sedotto. Si fa un esplicito riferimento a una teorizzazione dell’amore presente nella mentalità del suo tempo, ossia il cosiddetto “amor de lohn”. L’espressione, così come chi l’ha elaborata formalmente, Jaufrè Rudel, è provenzale e propria della poesia cortese. Jacopo da Lentini prende le distanze da questa interpretazione amorosa del sentimento proprio della poesia provenzale, per ripetere l’importanza della vista nel processo amoroso ma ancor di più la presenza fattiva e concreta di chi si ama. Là abbiamo un amore che trova la sua realizzazione anche nella fisicità tangibile dell’amata e nella realizzazione del desiderio, qui invece un amore spirituale che agisce solo nel pensiero. Infatti, un elemento proprio dell’“amor de lohn”, oltre che l’eterna lontananza, è anche la perenne irraggiungibilità dell’oggetto amato. In queste tematiche prese nella cultura e tradizione medioevale per

esaminare il concetto di lontananza, si è tralasciato di introdurre e inserire concretamente nei vari passaggi il termine di “emozione” o “stati emozionali”, ma ciò è dovuto al fatto che questi termini e significati non sono propri di quelle tematiche filosofiche e morali, in quanto solo con la nascita della psicologia e della fenomenologia possiamo parlare di emozioni e questo è proprio del secolo trascorso.

Il nostro discorso però è ancora più sottile e particolare. Mentre nella poesia provenzale si parla di lontananza mai colmabile e irraggiungibilità dell’amata, noi parliamo e analizziamo un sentimento amoroso che, se pur è caratterizzato da lontananza cronica e perenne, ha però contesti di vissuto in cui gli amanti, cioè coloro che condividono un sentimento amoroso, si trovano, si vedono e si amano. E questa “possibilità” supera “l’amor de lohn”, l’amore irraggiungibile, ma è oltre anche a quell’amore tangibile nella sua fisicità. È insomma una dimensione particolare che genera emozioni e stati emozionali propri che non appartengono né all’una né all’altra sfera amorosa. È amore tangibile quel tanto da distaccarlo dall’amore platonico, ma al contempo è amore immaginativo quel tanto che ha un suo spazio emozionale costituito di “pensamento” e “immaginazione”. Vive di immaginazione ma al contempo può materializzarsi. Diremmo uno “strano amore”, che vive per aversi e si ha poi ma nel frattempo è costretto a immaginarsi per arrivare concreto al successivo aversi. Ha in sé due vissuti, uno pratico e reale fatto di attesa e uno sottile e immaginativo fatto di desiderio e “pensamento”. Dimensione duale e antitetica dell’amare: aversi per poi non aversi. Quasi un paradosso che viene a costituirsi come condizione costante.

Una vasta gamma di emozioni si costituiscono in questo contesto: quasi un ideale “viaggio”. In tale dimensione di “sentimento amoroso”, le emozioni si snodano partendo dal “avvertire il sentimento d’amore”, poi confluiscono nell’attesa come atto vissuto di quel sentimento, per compiersi nell’“incontro”, in quella dimensione in cui lo sguardo ha in se l’oggetto dell’amato, poi la fase conclusiva: il distacco e la nostalgia dell’incontro avvenuto e poi ancora il rigenerarsi della nuova attesa. Poniamo ora l’attenzione proprio sul concetto di lontananza in funzione del vivere delle emozioni che nascono e si formano senza che l’oggetto scatenante l’emozione stessa sia presente. Le emozioni sono stati mentali legati a una base cognitiva e dotati di un oggetto intenzionale, cioè rivolti a un oggetto o stato di cose specifico. L’emozione nasce da un vissuto concreto determinato. Questo nel senso comune di intendere l’emozione in una visione pragmatica di ogni vissuto: esiste solamente quel che è determinabile ed è determinabile solamente quello che è conoscibile. Concreto ed esistente saremmo portati a dire, e allora forse un’anima lontana non è concreta ed esistente? E se lo è, perché non può generare emozioni?