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Cartesio e Cristina di Svezia”

Il fascino dell’alba per un incontro storico memorabile: Cartesio e Cristina di Svezia di ANNA MANNA CLEMENTI118

Mi è sempre piaciuto inoltrarmi nel non compiuto, mi solletica l’idea dell’eterno nelle situazioni che non esplodono, che restano sospese nell’aria. Forse è un laccio magico per mantenere in vita un episodio, una circostanza, un istante o un lungo percorso che, chissà per quale motivo, ha solleticato in me il ricordo di ideali instillati nella mia anima infantile da un ambiente familiare abbastanza intriso di filosofia e religione e da una scuola vissuta con grande serietà. Così la contemplazione dell’eterno irraggiungibile è diventata quasi una distorsione psicologica che, al di là del significato religioso (come notò il poeta Elio Fiore nei mie versi d’amore), mi dona un’aurea di fascino tutto nuovo da inalare, da carpire alle cose del mondo caduche e destinate a finire miseramente.

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L’amore più di ogni altro eventoumano si presta a questa analisi spruzzata dal desiderio di mantenere in vita quel quadro di vita bello, interessante, particolare, sopra le righe dei giorni comuni, fino ad assumere le caratteristiche di una leggenda eterna che nel mondo si rinnova come le stagioni.

Così, inoltrandomi nei miei studi archivistici, mi è capitato un giorno d’imbattermi in due personaggi che mi hanno fatto vibrare. Vuoi per la location nel quale è avvenuto questo incontro libresco, vuoi per un mio stato d’animo particolare in quel momento, vuoi per la mattinata di sole pieno che ha illuminato Piazza Farnese e la Biblioteca dell’école française a Roma, a un certo punto li ho visti sbalzare dal libro che stavo leggendo e li ho conosciuti... di persona.

Sono rimasta a sognare e li ho visti come vivi e vegeti vicino alla mia penna. Che da quel momento per alcuni giorni ha voluto parlare solo di loro. Cristina di Svezia, divenne regina in un’età così giovane da rimanere segnata per tutta la vita da quella circostanza regale. Dopo la morte del famosissimo padre nella Guerra dei trent’anni, si caricò di un peso di responsabilità che la indirizzò alla conquista della pace ma la costrinse a una vita e a emozioni lontane dalla sua età.

Era altera e fragile, in un continuo equilibrismo tra una personalità maschile che si esprimeva nell'identificazione col padre e una identità femminile che la sua età e il suo stesso fisico le regalavano. Doveva per necessità essere solida, staccarsi dalle fragilità proprie della sua età e adoperarsi come fosse un forte adulto maschio nel governo del regno svedese. Da questa battaglia interiore venne fuori una personalità eccentrica. Altezzosa, regale, importante, ma spesso stravagante. La femminilità diventò perciò quasi un impiccio, sicuramente una tentazione odiosa. Nello sguardo verso se stessa e nello sguardo che la corte le riservava tentò in tutti i modi di cancellare la donna. Non è chiaro se fosse bella, certo attraeva con un fascino intellettuale e un’energia mentale che scaldava la corte di una forza che sembrava presagire una lunga vita della regina e del suo regno. È certo che avesse una predilezione particolare per una sua dama di corte e che dormisse con lei. In

118 ANNA MANNA CLEMENTI (Gaeta, LT, 1949) vive a Roma da sempre. Laureata in Lettere moderne, ha pubblicato tredici libri di poesia, due di saggi e due in ambito universitario in collaborazione con docenti, due libri di racconti, un libro di interviste e un romanzo, presentato anche all’Ufficio del Parlamento europeo a Roma. Cultural promoter, organizza presso il Centro “Altiero Spinelli” all’Univeristà “La Sapienza” varie attività. Ha fondato nel 2001 il Premio “Le rosse pergamene del Nuovo Umanesimo”. A Spoleto ha lanciato il Premio “Il Poeta Ebbro”. Numerosi i riconoscimenti ottenuti tra cui la Medaglia d’oro della Commissione delle Pari Opportunità, la Medaglia d’argento della Commissione cultura della Camera dei Deputati per la diffusione della poesia, il Premio “Donna-Alghero”, il Premio “Teramo”, etc. Ha ideato e curato vari progetti e antologie (tra cui una dedicata alla pandemia) e nel web conduce #igrandidialoghinelweb#.

fondo soffriva di una sotterranea eccessiva ammirazione del sesso maschile, forse un complesso edipico irrisolto acuito dalla morte del padre in battaglia, ma certamente la necessità di un’immagine che avrebbe reso più concreto il suo ruolo a corte. È noto che voleva essere chiamata re e non regina. Spesso si allontanava dal palazzo reale, dalla corte, frequentando vestita da uomo altri improbabili ambienti, certo non consoni a una regina.

La letteratura, anche la storia del cinema ribollono di questo personaggio che ha attratto molte intelligenze artistiche. Memorabile l’interpretazione di Greta Garbo nelle vesti di Cristina di Svezia. Ma la sua personalità eccentrica e orgogliosa va ben oltre etichette di comodo. Irruente nei dialoghi con l’altro sesso, intelligentissima, coltivò da vero mecenate incontri e scambi con le più belle intelligenze europee. Centrale nella sua vita fu l’interesse reale e concreto verso la filosofia. Questa sua predilezione per l’aspetto concettuale potrebbe delineare già il suo destino amoroso. Il bisogno intellettuale di approfondimento filosofico la spinse a chiamare presso la corte svedese il notissimo e carismatico filosofo Renè Descartes. E qui la storia dispiega un ventaglio di ipotesi che accendono la fantasia del lettore dei libri su Cristina.

Cartesio accettò l’invito e questo suo dire di sì, acconsentire all’invito, somiglia vagamente al manzoniano la poverina rispose! Ma andiamo in ordine. Il filosofo si mise in viaggio verso la gelida Svezia, lasciandosi alle spalle la Francia, la vita francese, il fluido vivere francese, dentro il cuore l’avventura verso questo nuovo mondo, il dubbio sulla validità del suo acconsentire. Del resto sul dubbio aveva fondato il suo impero mentale.

Si può immaginare la sua vita accanto alla regina? Abbiamo alcune immagini ricorrenti nella bibliografia pertinente. È realtà storica l’usanza della sovrana che voleva, ogni mattina alle cinque, il filosofo vicino a lei per discutere di filosofia. L’incontro fu dunque intrigante, interessante. Due caratteri particolarissimi, una sintonia mentale sorprendente tra i due.

Certamente si vociferò a corte riguardo ai loro rapporti reali. Forse era necessario dipingerli casti e dignitosi in un incontro mentale da far tremare i polsi! Almeno per la nobiltà della Storia che vede, uno di fronte all’altro, un filosofo, il filosofo di quel tempo, ed una regina. Chissà! Certamente nei due si accese una passione che andava al di là dell’incontro

sui libri. S’incrociarono gli sguardi, forse anche i battiti del cuore. Anche se potrebbe quel fuoco essere una sadica battaglia sotterranea di poteri: quello maschile e quello femminile, il potere temporale della corona e il potere nobile della mente.

Lei altera, innamorata del potere, finì col sentire il fascino di quell’incontro all’alba. Ogni mattina! Con comprensibile allerta della corte! Cristina probabilmente viveva l’amore e l’innamoramento come un’alternanza tra un abbandono desiderato e un rabbioso constatare la sua dolcezza di donna. Tanto da tener testa sia al filosofo sia all’uomo? Può darsi. Lui avvertì una scossa nuova sia per la battaglia inconscia dei loro poteri, sia per il feeling mattutino con una donna capace appunto di tenergli testa. Ed era, oltre che una regina, una giovane donna di ventiquattro anni!

Lei si dimenticò gli abiti maschili, forse allontanò la fantesca con la quale aveva diviso il letto, attratta dal cinquantenne filosofo che la guidava con un vigore mentale che certo lei non poteva avere. L’età più adulta che le rammentava la figura paterna fece il resto. L’intimità con una mente di una virilità così decisa da sapere indagare il Dubbio, la vinse completamente. Il luogo del loro amore fu principalmente la biblioteca a palazzo. Forse lugubre e tetra, fredda e diversa dai luoghi della cultura francese. Ma nell’innamoramento ogni luogo sembra un giardino e il battere di una finestra l’annuncio della primavera. Voglio immaginarli lì. La stanza della Biblioteca è più raccolta del solito.

Un mattino silente, un’aurea di soffusa attesa avvolge i libri e le pergamene negli scaffali antichi. Cristina è sola. E mi si presenta una scena nella mente, così come l’ho descritta in una rappresentazione teatrale da me scritta con grande passione, in attesa di rappresentazione.

«Come levrieri bianchi sulla neve! I tuoi pensieri fuggono all’orizzonte...» pianissima la voce di Renè, che è entrato in biblioteca dalla porta laterale.

« ...perché levrieri, mi piace di più cavalli!» risponde senza girarsi la regina.

«Cavalli? Di nuovo il ricordo della tua incoronazione regina?».

«Sì, erano cavalli bianchi, bellissimi. La carrozza tutta bordata d’oro, e i finimenti rosso fuoco e oro».

«È acre il ricordo che hai della tua vita passata... sempre così terribilmente serio. Forse hai più bisogno di levrieri leggeri, leggiadri che di cavalli regali».

«Acre come il cardo è la mia storia e rosso fuoco è il mantello che l’avvolge. È un mattino silente, Renè. Lasciami nel mio silenzio. Non farmi continuamente il processo e l’esame come si fa a un’alunna».

«Maestà, voi siete la mia alunna, non irritatemi con la corona anche adesso».

Forse l’errore di Cristina era questo eterno indagare intellettuale e il filosofo sicuramente avrà provato a svegliare in lei la verità oltre il dubbio. Anche se Cartesio del dubbio aveva fatto il pilastro della sua filosofia! Pare che Cartesio scrisse di Cristina: «hapiù virtùdiquellochelasuareputazionenon leattribuisce».Dunquestimasicuramente.Ma incontrarsiognimattina,somigliaallastimaosomigliadipiùall’amore?

La vita a corte passava tra le cose di sempre, ma il loro incontro mattutino non somigliava a nessuna delle cose di sempre. Forse, immersi tra i libri, le loro mani continuavano a scorrere pagine assetate di carezze, anche se la penna era soltanto un pretesto, quasi ormai un arnese di tortura. La regina si sentiva prigioniera della corte, prigioniera dei suoi doveri in balia di un amore che non riusciva, non poteva manifestarsi alla luce del sole, forse non ebbero neanche la spavalderia di raccontarselo. Questa timidezza per una stravagante regina, che non arretrava di fronte a niente, e per un filosofo capace di penetrare il dubbio, non era la prova più palpitante del loro innamoramento? Così, la vita per lei era diventata un macigno ma non riusciva a compiere quel passo verso l’amore concreto che l’avrebbe

liberata. Del resto a sei anni era già segnata la sua vita futura, regina! E cosa era per lei l’amore, per una regina!

«L’amore? Se l’amore è una debolezza, è l’unica che si può perdonare, anche agli eroi».

«Gli uomini sono come gli uccelli, cadono sempre nelle stesse reti, ed è sempre la rete della carne che attira i maschi, sempre e soltanto quella. Si è più felici a non dover ubbidire a nessuno che comandare il mondo intero. Io non amo gli uomini in quanto uomini ma per il fatto di non essere donne. Il matrimonio implica delle soggezioni alle quali io non mi sento di sottostare, e non posso prevedere quando sarò in grado di vincere questa ripugnanza».

Molte frasi dette da Cristina in questo ideale revival sono frasi realmente pronunciate dalla regina Cristina di Svezia, durante la sua vita. Le ho raggruppate tutte nello stesso spazio di tempo per focalizzare sinteticamente la personalità della regina, ma nella realtà sono state pronunciate in occasioni diverse e distanti.

Così, la situazione di stallo si trascinava a corte mentre René sfidava il freddo, la distanza dalla Francia, le gelosie della corte, ma non era più capace di pensare soltanto ai suoi scritti! La regina aveva già capito o perlomeno intuito la sua voglia di abdicare, ma resisteva, non si abbandonava alla vita come la intravedeva nel cuore di Cartesio. In fondo entrambi erano sopraffatti dal dubbio che sovrano agitava la mente di Cartesio. Cristina sentiva che stava perdendo la partita con se stessa e cominciava a rendersi conto che era poverissima con tutti i suoi scettri in mano... perché stava abdicando a se stessa ed era peggio che abdicare al trono! Ma l’agguato del destino stava lambendo entrambi.

L’inverno svedese si presentò micidiale, le stanze erano gelide, la biblioteca all’alba aveva colori lividi come le mani del filosofo non abituato a quelle temperature. Alla iniziale baldanza subentrava in entrambi la consapevolezza delle difficoltà, che somigliavano sempre di più al gelo svedese. Così Cartesio fu vinto dal freddo svedese, si ammalò di polmonite. Non volle farsi curare dai medici di corte temendo un complotto contro di lui che aveva acceso molte gelosie soprattutto per il potere che aveva sulla regina. Morì senza aver risolto il suo dubbio d’amore? O morì maledicendo la Svezia che gli toglieva l’amore incontrato e vissuto come l’ultimo ingannevole dono della vita?

Alla sua morte la regina sembrò impazzire. E rimase preda di un’ansia di fuga da quello scenario di morte. Morte di un amore che l’aveva accesa alla vita vera dei sentimenti. Un incontro che l’aveva riconciliata con la sua verità di giovane donna. Abdicò, fuggì dalla Svezia verso Roma dove conobbe una vita completamente diversa. Così, anche se forse mai il loro amore si espresse con gesti, ne furono comunque travolti lasciando nella loro vita orme definitive, gravi, orme anche nel percorso della Storia indimenticabili e incancellabili.

Bibliografia BUCKLEY VERONICA, Cristina regina di Svezia. La vita tempestosa di un’europea eccentrica, Mondadori, Milano, 2006. MAGNETTI DANIELA, C come Cristina, Mondadori, Milano, 2003. PIZZAGALLI DANIELA, La regina di Roma. Vita e misteri di Cristina di Svezia nell’Italia barocca, Rizzoli, Milano, 2002. QUILLET BERNARD, Cristina regina di Svezia, Mursia, Milano, 1985. SARLO FRANCESCO; LIBUTTI ANTONIO, Cristina di Svezia. Una fuga dalla femminilità, Edizioni Calice, 2003.