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amorose: Le nostre anime di nottedi Kent Haruf”

Quando i legami familiari sono d’impedimento alle relazioni amorose: Le nostre anime di nottedi Kent Haruf di LUCIA BONANNI

Questo libro è per chi è stato a Holt e non vede l’ora di tornarci, ma soprattutto per chi, a Holt, non ci è ancora mai

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stato. (KENT HARUF)

Il romanzo Le nostre anime di notte (2015)158 di Kent Haruf costituisce un’ampia riflessione sulla famiglia, le dinamiche che si sviluppano al suo interno e che possono ostacolare e rendere impossibili anche le relazioni amorose. Tra l’altro Kent Haruf, nato nel 1943 a Pueblo nel Colorado e scomparso a Solida, sempre nel Colorado, risulta tra i più apprezzati scrittori statunitensi. Prima di dedicarsi alla scrittura, ha svolto diversi lavori, è stato anche insegnante di inglese ed è grazie ai suoi romanzi, ambientati nell’immaginaria cittadina di Holt nel Colorado che ha ricevuto diversi riconoscimenti tra cui il Colorado Book Award.

Dal punto di vista stilistico c’è da dire che il romanzo si distingue per la forma linguistica semplice, ma efficace, l’agile paratassi e l’apparato lessicale chiaro e lineare, accorgimenti scevri di orpelli che rendono la narrazione assai fresca e ben recepibile nella stesura narrativa. In questo romanzo l’autore non ha mai smesso di indicizzare la sacralità dell’Amore, la lunga teoria dei sentimenti e la forza genuina delle emozioni. Un amore quello tra i due protagonisti abbarbicato sui declivi dell’amicizia e l’intimità che a piccoli passi diventa vitale per chi già si trova nella zona di mezzo del proprio percorso interiore.

Louis Waters e Addie Moore, lui insegnante e lei casalinga, abitavano in Cedar Street nella parte della città vecchia tra olmi e bagolari a orlare il ciglio della strada e prati estesi fino alle case a due piani. I due si conoscevano da tempo e vivevano a pochi isolati di distanza. Quando Louis andò ad aprire, riconobbe subito Addie, la invitò a entrare e la fece accomodare in salotto. Lei era ancora una donna attraente se pure i suoi capelli avevano preso la tonalità del bianco e qualche chilo di troppo si era depositato sul punto vita e sui

158 KENT HARUF, Le nostre anime di notte, traduzione di Fabio Cremonesi, Enne Enne Editore, Milano, 2015. Tutte le citazioni sono tratte da questa edizione dell’opera.

fianchi. Incoraggiata dalle buone maniere dell’uomo, e senza alcun tipo di civetteria, Addie riuscì a formulare la proposta da rivolgere a Louis.

«Mi chiedevo se ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me» (8), «Cosa? In che senso» (8), «Nel senso che siamo tutti e due soli. Da anni. Sto parlando di attraversare la notte insieme. E starsene come buoni amici» (8). «Dammi un po’ di tempo per pensarci» (8), rispose lui e rimase sulla porta a guardarla mentre si allontanava tra gli alberi e le gore di luce proiettate sulla strada da uno dei lampioni. La sera del giorno dopo Louis uscì dalla porta che dava sul retro. Il vialetto era immerso nel buio e nel silenzio, il calpestìo sulla ghiaia faceva un rumore sordo e fastidioso. L’uomo bussò alla porta posteriore della casa di Addie e rimase ad aspettare.

«A me non interessa. Lo verranno a sapere. Qualcuno ci vedrà. Ho deciso di non badare a quello che dice la gente» (11-12), disse Addie, esortando l’uomo a passare dalla strada. Dalla cucina lui la seguì nelle altre stanze del piano terra fino a quelle del primo piano. La finestra socchiusa lasciava entrare una brezza fresca e gradevole; Louis andò in bagno, indossò il pigiama, si infilò nel letto dal lato opposto e rimase in silenzio. Poi il buio lasciò filtrare la luce fioca della strada che rischiarava la stanza. Parlarono dei fatti del giorno appena trascorso, dell’anziana signora Ruth e della nuova pavimentazione della strada. Poco dopo lei dormiva. Verso l’alba lui si alzò, si vestì in bagno e guardò di nuovo Addie. «Ci vediamo» (17), le disse. E si diresse verso la propria abitazione. Per non sembrare presuntuoso Louis non aveva lasciato il pigiama a casa di Addie, ma non avevano fretta e così decisero di sfruttare tutto il tempo necessario per fare conoscenza.

«Vorrei avere la tua energia», «Come mai?», «Per stare fuori tutta la notte e averne ancora abbastanza per funzionare il giorno dopo» (27) esordì uno del gruppo di uomini che ogni tanto si ritrovava al bar per un caffè. La cittadina era abitata da gente semplice, laboriosa, ma altrettanto ciarliera e la storia era già passata “dalle orecchie alla bocca” del tipo che, dopo aver ricevuto l’appellativo di bugiardo e pettegolo, di tutta fretta uscì dal bar e andò in direzione di Cedar Street dove un tempo aveva gestito un negozio di abiti da uomo. Ormai quello di Addie e Louis non era più un segreto, ma fin dall’inizio sapevano entrambi che la gente avrebbe scoperto le loro notti insieme. Ne avevano già parlato.

Addie era cresciuta in una cittadina del Nebraska e con la famiglia abitava in una bella casa di legno a due piani. Al secondo anno di università aveva conosciuto Carl e in una notte di maggio dello stesso anno era nata Connie, la loro prima figlia. Quando la loro situazione economica superò i tanti sacrifici degli anni precedenti, a fare compagnia alla bambina arrivò un fratellino di nome Gene. Ma in una calda giornata d’estate mentre i bambini giocavano in giardino, un forte stridore di pneumatici e un urlo disumano squarciarono il tempo. E il vuoto divenne sempre più aspro e incolmabile. In un fine settimana, Holly raggiunse la casa di Holt e senza tanti preamboli chiese a Louis cosa stesse combinando con Addie Moore. Per niente intimorito dalle parole della figlia, l’uomo enunciò le proprie decisioni e disse come voleva trascorrere la vita. L’imbarazzo provocato dalle maldicenze non era un problema suo. E neppure di Addie. All’inizio della stagione estiva Gene portò suo figlio Jamie a casa della nonna. La moglie se ne era andata e lui aveva bisogno di aiuto. Una volta rassicurato il bambino, Addie gli chiese se voleva andare con lei a portare al vicino due dei cupkake che avevano preparato nel pomeriggio. Restarono nella veranda di Louis a guardare le poche macchine che passavano, gli alberi, le case. Durante la notte e quelle che seguirono, Jamie si svegliò piangendo e volle andare a dormire nel lettone con la nonna. Nel capanno in fondo al cortile Louis aveva scoperto una cucciolata di topolini e voleva che Jamie li vedesse. I topolini erano color rosa ed emettevano piccoli squittii. «Non ti fanno niente» (65) disse Louis, invitando il bambino ad aiutarlo a stappare le erbacce e annaffiare l’orto.

«Louis Waters. Sei stato là?» (67), chiese Gene con tono di stizza quando per telefono il figlio gli raccontò che era stato a casa di Louis, che aveva visto la nidiata di topolini e insieme a lui aveva strappato le erbacce e annaffiato l’orto. L’intelligenza emotiva – intuitiva dei bambini viene sempre fuori in maniera acuta e diretta; essi ne fanno uso nei momenti in cui non riescono a spiegarsi certe dinamiche relazionali e cercano di giungere al nucleo delle questioni, anche spagliando semi di gelosia. Jamie sapeva bene dell’antipatia di suo padre per Louis e utilizzava tutti gli stratagemmi possibili, come ad esempio quello di chiamare i genitori durante le ore notturne, per avere le informazioni di cui aveva bisogno. Anche la notte seguente Jamie dormì con la nonna e la mattina, dopo aver fatto colazione, andò da solo a casa di Louis. Come di consueto quella stessa sera Louis tornò a casa di Addie, ma un urlo, cacciato dal bambino, li fece svegliare. Allora Louis prese in braccio Jamie e lo sistemò nel lettone, tenne tra le sue la piccola mano del bimbo e si mise a cantare a bassa voce. Ci furono serate in cui tutti e tre insieme andarono a mangiare un hamburger, a gustare un frappè, a vedere una partita di softball, non dimenticando di andare a trovare l’anziana sig.ra Ruth. Nei giorni seguenti Jamie apprese da Louis a lanciare la palla e insieme alla nonna si recarono anche al canile. Scelsero una cagnetta che aveva una guaina alla zampa anteriore destra. Bonny imparò presto a restare in camera con Jamie e a dormire sul letto accanto a lui. Le attenzioni, l’amorevolezza e le nuove esperienze facevano bene al bambino che pian piano andava sviluppando maggiore tranquillità e senso di adattamento al nuovo stile di vita. All’inizio della stagione primaverile avevano fatto appena in tempo a tornare da una gita di pochi giorni all’interno del Parco nazionale di North Fork dove Jamie aveva imparato ad abbrustolire sul fuoco i marshmallowinfilzati su dei ramoscelli e dove l’acqua limpida e ghiacciata del torrente gorgogliava tra i sassi e offriva riparo a branchi di salmerini, che Addie trovò il figlio ad aspettarla.

«Ho sentito che anche tu stai qui da mia madre / Mia madre va a letto con un vecchio (ed io non dovrei dire niente)» (111), disse Gene con malcelato sarcasmo. Insulti, ricatti, parole di allontanamento e distacco, imposizioni e pretese insensate si susseguirono anche quando l’amicizia tra Addie e Louis si era trasformata in un sentimento d’amore e la coppia era ben cementata. Gene non sentiva ragioni. Voleva che quella storia finisse al più presto e senza neppure prendere atto del dolore e del rimpianto che nell’animo dei due innamorati non avrebbero mai trovato requie.

Addie e Louis continuarono a vedersi, ma ormai qualcosa si era incrinato e una forma di scoramento si era insinuata nelle loro vite mentre la malinconia già lasciava presagire gli eventi futuri. Jamie, che intanto aveva ripreso ad avere i soliti risvegli notturni, non voleva neppure parlare al telefono con la nonna; il timore che i suoi genitori si infuriassero con lui e gli portassero via Bonny e anche il telefonino, travalicava tutto l’affetto che sentiva per lei.

Lui aveva solo sei anni e non poteva ribellarsi alle conflittualità e agli atteggiamenti meschini, reiterati dei suoi.

A seguito del ricovero in ospedale per una brutta caduta Addie, sempre più vessata dal figlio, era andata a stare in una residenza assistita. La sua casa era stata data in affitto e lei non avrebbe più potuto tornarci. Le cose erano cambiate, ma l’uomo e la donna cercarono di colmare la mancanza, ricominciando a sentirsi, ma solo per telefono, la sera. E facendo tutto di nascosto. Addie non si fidava più di suo figlio e voleva che lui non lo sapesse. E sebbene le cose fossero andate diversamente da come erano state immaginate, loro due non intendevano recidere quel filo che li univa. Certo, un abisso non si può colmare con l’aria, il cibo e sostanze di vario tipo, ma è anche vero che “il desiderio è sempre più forte del dolore” e il loro desiderio era quello di far durare il più possibile quella “meccanica celeste” che li avvolgeva e li teneva uniti.

«Stiamo continuando a parlare. Fin quando potremo. Finché dura», «L’unica differenza è che adesso siamo più cauti» (162). Addie, guardando fuori dalla finestra, vide il proprio riflesso nel vetro. «Fa freddo lì, tesoro?» (166), chiese a Louis mentre l’oscurità si disperdeva alle sue spalle. La sua immagine raggiungeva idealmente Louis mentre il desiderio faceva svanire le fosche tinte del dolore.