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LORENZO SPURIO – “Intervista a Giovanna Fileccia, ideatrice della Poesia Sculturata”

Intervista a Giovanna Fileccia, ideatrice della Poesia Sculturata165 A cura di LORENZO SPURIO

Giovanna Fileccia è nata a Palermo dove ha vissuto fino all’adolescenza. Oggi risiede a Terrasini (PA). Ha frequentato l’istituto tecnico commerciale ma il suo amore per la letteratura l’ha portata verso materie umanistiche. Scrive poesia sia in italiano che in siciliano, è anche critico letterario e drammaturgo. Per la narrativa ha pubblicato il romanzo Oggetti in Terapia(2020), per la poesia ha all’attivo quattro pubblicazioni. Molte sue liriche sono state edite in varie antologie, volumi tematici e portate in scena in spettacoli teatrali diretti dal regista Riccardo Michelutti e recitate in vari luoghi e città d’Italia. In campo artistico va rilevato che è l’inventrice di una nuova espressione artistica, da lei stessa denominata (coniandone il relativo neologismo) Poesia Sculturata che consiste nell’allestimento di opere tridimensionali alle quale dà forma a partire dalle sue produzioni poetiche. Ha definito questo originalissimo approccio quale un suasivo e avvincente “mondo circolare e vasto, complesso e semplice, unico e sfaccettato”.

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Per le sue opere tridimensionali generalmente utilizza materiali di recupero, materiali di risulta come peculiare della poor art, ma anche cartone, polistirolo, rame e stoffe (si veda la sedia “Imperia” esposta in più mostre personali) con prevalenza di elementi che si riconducono all’ecosistema mare (sabbia, alghe e conchiglie in primis). Con le sue opere plastiche ha tenuto molte mostre personali in vari contesti e la concretizzazione di queste sue ibridazioni tra i due codici espressivi è forte e percepibile leggendo il volume Marhanima (2017, con prefazioni del mai dimenticato Sebastiano Tusa e dell’architetto Alessandra De Caro, postfazione della psicoterapeuta Caterina Vitale) che contiene un testo poetico e le sue opere tridimensionali. Importante è il suo impegno sociale, lo testimonia la donazione della Poesia Sculturata dal titolo “Amore a due voci” tratta dall’omonima poesia, a “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato” di Cinisi. È invitata di frequente a partecipare a convegni e incontri, anche nelle scuole, per parlare della sua creazione della Poesia Sculturata che richiama al rispetto dell’ambiente e al reimpiego dei materiali di scarto e di recupero, nonché al rispetto della Terra.

165 Il presente articolo è stato precedentemente pubblicato su «Blog Letteratura e Cultura» il 01/04/2021, link: https://blogletteratura.com/2021/04/01/giovanna-fileccia-e-la-poesia-sculturata/ (Sito consultato il 01/06/2021) mentre l’intervista che segue è stata precedentemente pubblicata su «Leggere Poesia» il 15/04/2021, link: http://leggerepoesia.altervista.org/intervista-a-giovanna-fileccia-ideatrice-della-poesia-sculturata-a-cura-dilorenzo-spurio/ (Sito consultato il 01/06/2021).

La Poesia Sculturata va nella direzione di una simbiosi attenta e istintiva che si crea tra parola e forma, tra suono e concretezza: le opere rappresentano il componimento poetico ma è anche vero che le opere scultoree hanno una loro empatica didascalia nelle stesse liriche. Il procedimento sinottico e di ibridazioni tra arti e linguaggi apparentemente diversi fornisce risultati esaltanti e mai pronosticabili in partenza. L’artista Fileccia in questo modo fa del recupero e della conversione del residuale gli elementi di partenza per la creazione artistica dove è evidente anche il contenuto ecologico, e dunque il significato di empatia sociale e di salvaguardia ambientale. La concretizzazione del sentimento che è racchiuso nei versi e nelle strofe delle sue produzioni poetiche ben si esplica nelle azioni di plasmare, incollare, strutturare, comporre, levigare, intarsiare, sovrapporre, coniugare, ricondurre a un contesto dal chiaro significato oltre che di forte presa sul fruitore di quell’opera. Così lei stessa ha avuto modo di asserire nel corso di un’intervista: “La Poesia Sculturata mi offre, sia la possibilità di parlare ad ampio raggio della Terra, dell’ambiente, del riutilizzo, che di raccontare l’interiorità”166 . Nel 2018 ha ideato e condotto il laboratorio artistico “Mandala: cerchio della vita” con annessa mostra di Poesia Sculturata ai Cantieri Culturali alla Zisa (Palermo). Nel corso degli anni mostre personali, incontri in gallerie e biblioteche non sono mancati. Tra i progetti più recenti citiamo la mostra online a quattro mani “Fibre di piombo”, con opere di Tiziana Viola-Massa e poesie della stessa Fileccia, che dopo la pandemia verrà allestita anche in presenza. L’allestimento virtuale ha consentito di vedere una buona quantità di opere e di visionare e leggere i testi poetici in internet dove è presente una videopresentazione167 . A febbraio di quest’anno, con un video caricato sul suo profilo personale YouTube168, l’artista ha dato a conoscere quella che può essere considerata un’ulteriore evoluzione e aggiunta al suo grande progetto working-in-progress ossia la “Poesia Sculturata in cartoline da donare” che sarà realizzata nel corrente anno in collaborazione con i Comuni di Palermo e Partinico. Un’iniziativa volta a una maggiore presenza sul campo, intesa a una capillarità della sua opera sul territorio, pensata come momento di condivisione e di partecipazione collettiva. Si sa – come hanno ben posto in evidenza – alcuni

166 Chiara Fici, “Giovanna Fileccia e la coffa come simbolo della Sicilia”, «Globus Magazine», 25/05/2020, link: http://www.globusmagazine.it/giovanna-fileccia-la-coffa-simbolo-della-sicilia/#.YAIQinZKjIV (Sito consultato il 15/01/2021). 167 Rimando a questo link che fa riferimento alla notizia di tale mostra, con foto, videopresentazione e premessa della poetessa, pubblicati sul suo sito ufficiale in data 23/12/2020: https://giovannafileccia.wordpress.com/2020/12/23/fibre-dipiombo-mostra-di-tiziana-viola-massa-e-giovanna-fileccia-video-e-opere/ (Sito consultato il 15/01/2021). 168 Il video è raggiungibile a questo link: https://www.youtube.com/watch?time_continue=499&v=BpdaW2yBdJk&feature=emb_title

tra i maggiori critici – tanto letterari che artistici – che la fruizione dell’opera non è mai qualcosa di univoco e deciso sin dalle origini: suggestioni, empatia, significazioni interpretative, dialoghi ed echi, pur diversificati tra loro, possono nascere e fruire copiosi dalla partecipazione attenta e sentita del pubblico – del fruitore dell’opera – dinanzi ad essa. Ecco perché la Fileccia nel summenzionato video invita coloro che, nei vari spazi delle città che collaborano a questo “attacco d’arte”, troveranno le sue “cartoline artistiche” di fornirle un commento, un’impressione sulla data opera ritratta. È dal confronto tra autore e fruitore, tra artista e pubblico che possono nascere – non solo rapporti umani più o meno seri e duraturi – ma anche ulteriori significati, direzioni e vibrazioni per le opere interessate.

Nel suo nutrito curriculum letterario figurano anche le opere Sillabe nel Vento(2021, con prefazione di Veronica Giuseppina Billone), La Giostra dorata del Ragno che tesse (2015, prefazione di Giuseppe Oddo e postfazione di Francesca Currieri), Seta sul petto, per Alessandro che Di Mercurio aveva la forza e l’empatia(2020, con introduzione della stessa Giovanna).

Numerosi i riconoscimenti ottenuti tra i quali quello alla Cultura “Silva Parthenia” conferitole a Partinico nel 2015 e l’Encomio alla Cultura “La Biglia Verde” conferitole a Marsala nel 2017, “Diploma La Gru News” conferitole dalle maestranze del Comune di Cinisi nel 2020. È stata membro di giuria in vari concorsi tra cui il Premio Regionale “Sicilianamente” e il Concorso fotografico “Giovanni Meli” tenutosi a Cinisi nel 2015.

Numerosi e qualificati critici letterari ed esperti d’arte e di cultura si sono occupati della sua arte poetica e della sua Poesia Sculturata tra cui Maria Elena Mignosi Picone, Maria Antonia Manzella, Salvatore Maurici, Mariantonietta Mangiapane, Lidia Vitale, Pino Manzella, Giovanni Impastato, Silvio Grisafi, Francesca Currieri, Rosanna Maranto, Vincenzo Corona, Calogero Catania, Sandra Guddo, Giovanni Matta, Rosanna Maranto, Vincenzo Corona, Valentina Grazia Harè, Francesco Ferrante, Veronica G. Billone, Pippo Oddo, Caterina Vitale, Maria Rita Mutolo, Anna Barone, Cinzia Finocchiaro, Maria Antonietta Sansalone, Martina Emanuele, Vinny Scorsone, Silvio Ruffino, Vincenzo Cusumano, Giacomo Randazzo, Salvatore Mirabile, Sebastiano Tusa, Alessandra De Caro, Salvo Galiano, Pippo La Barba, Palma Civello, Santa Franco, Evelin Costa, Patrizia Iovine, Federico Baldini, Sara Missaglia, Luca Calvino, Emilia Ricotti, Sara Favarò, Cinzia Romano, Rosario Sanguedolce, Domenico Sinagra, Adriana Fresina, Antonino Schiera, Rosario Loria, Chiara Fici.

Bibliografia

Sito personale dell’autrice: https://giovannafileccia.wordpress.com Intervista a Giovanna Fileccia a cura di Chiara Fici: http://www.globusmagazine.it/giovanna-filecciala-coffa-simbolo-della-sicilia/#.X_yyW-DSJkw Intervista a Giovanna Fileccia a cura di Antonino Schiera: https://antoninoschiera.blog/2020/10/09/poliedrica-e-creativa-la-scrittrice-giovanna-fileccia-siracconta-per-noi/ Il sito\blog di Giovanna Fileccia Io e il Tutto che mi attornia: https://giovannafileccia.com/

INTERVISTA A GIOVANNA FILECCIA

L.S.: Essendo la creatrice della “poesia sculturata” è evidente che tu creda nelle ibridazioni artistiche, vale a dire nella potenzialità – recepita principalmente dall’uomo contemporaneo – di ottenere opere pluristratificate e veicolare messaggi non tanto mediante la sovrapposizione di materiali e generi diversi ma dalla loro comune influenza e amalgama. Puoi parlarci di questo aspetto? Come individuare l’equilibrio tra parola e materia? G.F.: Lorenzo, la tua domanda mi riporta al periodo a cavallo tra la fine del 2013 e aprile 2014 quando ho allestito una mostra personale dal titolo ?EQUI–LI-BRIO?, un titolo con ben due punti interrogativi (il primo tra l’altro è sottosopra) che in locandina ritraeva la Poesia Sculturata Metafore, un titolo che conteneva già da allora buona parte del mio pensiero. Non è facile individuare l’equilibrio tra parola e materia, io ci provo danzando un valzer tra la mia mente e le mie mani. Tra i miei sentimenti e il mio osservare, tra l’immaginare e il creare. Nel rappresentare l’idea metto in campo una resilienza artistica che travalica il momento e si spinge oltre, va verso il concepire un’ideale di poesia che abbia lei stessa una sua forma. È necessariamente una forma che mi appartiene in una serie di strati che tras-porto all’esterno. Gli strati si sovrappongono in un ordine apparente e intercambiabile: ora parola ora materia, ora scultura ora poesia. Eppure in questo sovrapporre di materie e sillabe ci sono delle costanti che circolari si muovono in sincrono e anelano all’equilibrio. Per arrivare all’agognata meta il percorso inizia dal caos e, nel suo procedere circolare attorno a un perno, abbisogna di ricerca e costruzione: ed ecco che i quattro elementi si muovono contemporaneamente, insieme al percorso che l’uomo fa. Tale “movimento” l’ho rappresentato nell’opera di Poesia Sculturata “Sillabe nel Vento, la Montagna del Caos e dell’Equilibrio”. Sì, in quanto persona contemporanea e donna creativa, credo nelle ibridazioni artistiche, ritengo che la contaminazione permetta di mischiare, amalgamare, il vecchio con il nuovo, lo sconosciuto con il conosciuto e fare in modo che poli opposti si avvicinino in una forma che è solo esteriorità poiché è ciò che è dentro le cose a essere importante. La pluristratificazione è, in questo caso, sia ideale che materiale: sillabe che si intrecciano e elementi materici che si amalgamano. Il messaggio che nasce ha anch’esso più strati, tra cui: il nostro pianeta ha bisogno di rispetto e di cura; quando nel 2018 ho presentato “Marhanima” all’Arsenale della Marina Regia ho affidato la lettura delle prime strofe a nove donne, per rafforzare il messaggio che volevo mandare: donne messaggere di un utero che contiene e protegge.

L.S.: Con le tue istallazioni hai evidenziato che la “rappresentazione materica” del componimento poetico, la sua estensione plastica, non è semplicemente un “calco” del testo, una teatralizzazione e cosificazione del verso, quanto, invece, essa abbia una valenza spesso simbolica, allegorica, metaforica (penso alla sedia “Imperia”). Credi plausibili queste considerazioni oppure no? G.F.: Sì, le credo plausibili. Come accennavo prima, l’opera tridimensionale, la scultura per intenderci, nel momento stesso in cui da idea diventa rappresentazione dell’idea, si stacca da me, esiste a prescindere, eppure, per essere concepita ha bisogno che io le dia un sostegno un humus che è la poesia, le parole, i versi. Fin da ragazzina ho immaginato che una spirale si inabissi nelle viscere della terra e si innalzi oltre il cielo. E io sto lì, tra i tornanti della spirale e respiro, annaspo, viaggio, mi interro, mi innalzo. La spirale è metafora della mia visione delle cose. Nella Poesia Sculturata “Imperia”, che tu citi, la spirale che

ripercorre tutta la sedia rappresenta il respiro della terra. Eppure l’opera non è la sedia, ma ciò che essa contiene. La poesia “Imperia” recita: “Amo il respiro della terra / che a ogni alba si innalza / imperioso / desioso / a ricevere un tenero bacio dal sole”. Il respiro nasce dalla terra o dal cielo? La cosa certa è che esso non si ferma e continua il suo infinito andare a braccetto con il tempo. Per rispondere alla prima parte della tua domanda penso che se dovessi trovare simbologia in questa mia arte, la ritroverei nel mio stare nel Tutto che mi attornia, sentimenti ed emozioni comprese. Ogni cosa esiste se ne conosciamo l’esistenza. La cosificazione dell’oggetto creato è necessaria e primaria, non potrebbe esistere altro modo che rendere materia la poesia senza l’oggettivazione della stessa. Tuttavia, l’opera tridimensionale che nasce è sì oggetto ma anche simbolo di un concetto che sta alla base del processo di creazione. In parole povere dietro ogni opera c’è la spontaneità dell’idea che lascio fluire libera e solo se qualcuno mi chiede spiegazioni cerco di rintracciare i vari perché e percome. La Poesia Sculturata credo sia un’allegoria vera e propria poiché nasce dall’astratto per divenire concreta; per via di un processo di astrazione viene espulsa dal pensiero e assume forma solo perché ne sono capace, nel senso che so utilizzare le mani. Vi è una congiunzione tra il pensiero e le mani le quali elaborano perfettamente l’idea. Devo ringraziare la manualità che mi ritrovo, è grazie alla mia fabbrilità creativa se posso spaziare nel fare, nel costruire e non solo nell’arte ma anche nell’artigianato. Eppure dall’allegoria all’alienazione il passo è breve: nel momento stesso in cui l’opera da idea diventa reale, si stacca da me, si stacca perfino dalla poesia stessa, e io la guardo, la osservo, è di fronte a me. Essa si lascia guardare e, in questo suo dire, mi narra di poesia e materia. Mi rendo conto che è un controsenso: nel crearla io mi sono ritrovata

intera,eppure ora essa si emancipa da me, mi lascia, mi abbandona. Ma a me non importa poiché una volta creata essa esiste, le ho dato vita e lei, di rimando, brilla di luce propria.

L.S.: Il procedimento che porta allo sviluppo e alla realizzazione di una “poesia sculturata” è – se ho ben compreso – quello di partire dal testo poetico per poi pensare alla sua realizzazione concreta nello spazio, la sua “forma unica della continuità nello spazio” per dirla alla Boccioni. È mai accaduto (e se no, perché?) il procedimento contrario: partire da una composizione, un assemblaggio di materiali, un’idea d’istallazione per giungere al testo poetico? G.F.: Lorenzo, nel procedimento a cui tu fai riferimento una parte fondamentale ce l’ha l’esigenza tutta mia di voler rendere la poesia libera e tridimensionale. Il mio creare poesia unita alla materia non nasce da un giorno all’altro ma esisteva già nei miei disegni di bambina. La poesia mi ha dato la possibilità di dare forma alle immagini create dalla mia fantasia. Quando nel 2013 allestii la mia prima mostra itinerante la dott.ssa Vitale nell’osservare l’allestimento definì le opere “mandala”; altri, nei mesi successivi, le chiamarono istallazioni, altri poesia visiva e altri semplicemente opere. Ma lo storico e studioso Pippo Oddo nella sua prefazione al mio secondo libro - quasi un mini saggio di parecchie pagine - mise in chiaro, fin dal titolo “Giovanna Filecciae la poesia sculturata come ricerca e tessitura del destino umano”, che esse avevano una loro identità ben precisa non rintracciabile in nessun panorama artistico e poetico da lui conosciuto. Egli notò come il presepe che avevo realizzato nel 2009 insieme a mio marito Alessandro, contenesse tutti gli elementi che poi avrei riproposto in futuro. Pippo vide dall’esterno ciò che io non riuscivo a vedere dal mio interno. Fu lui che mi suggerì di battezzarle “opere tridimensionali di Poesia Sculturata” ritenendo che il mio fosse “un nuovo, gioioso parto della fantasia creativa e marca di riconoscimento (come la Z di Zorro)”. Lorenzo, ho anticipato con questa premessa la mia risposta alla tua domanda per chiarire un passaggio fondamentale: io non pensoall’opera da creare, non nel senso di pensare di realizzare e dare forma a questa o quell’altra poesia. La scultura si materializza nella mia mente in un istante, si presenta a me in un baleno e, in quel baleno, la vedo già realizzata. Il mio pensare è in relazione a come fare per darle consistenza, renderla reale e immetterla in uno spazio che prima non occupava. Detto ciò mi catapulto nel mondo futurista di Boccioni, scultore e pittore che apprezzo per il suo saper vedere e rappresentare il movimento in funzione dell’idea di spazio. La continuità dello spazio a cui egli fa riferimento è, secondo me, la fluidificazione stessa dell’idea che diviene opera, scultura. Non so se il processo creativo di Umberto Boccioni si possa affiancare o paragonare al mio, sta di fatto che io parto dalla poesia, è lei che mi dice, mi sussurra, mi invita affinché evolva in materia. La risposta alla tua domanda è sì, ho attuato, fino a ora una sola volta, il procedimento contrario che dalla materia mi ha portato alla poesia e il risultato è il mio terzo libro Marhanima, un poema in perenne moto di circa seicento versi dedicati al mare e agli uomini del passato, del presente e del futuro. Marhanima è nato dalla raccolta di manciate di sabbia, sabbia che poi ho utilizzato in ogni scultura, ecco perché ho scelto di intervallare le ventidue strofe con le opere tridimensionali di Poesia Sculturata realizzate fino al 2017, anno in cui Ed. Simposium ha pubblicato il libro che, tra gli altri, contiene la prefazione del compianto Soprintendente del Mare e Assessore Sebastiano Tusa.

L.S.: La “poesia sculturata” proponendo una duplicità d’impostazioni e di sguardi, quello dell’evocazione del verso e della letteralità dei contenuti da una parte e quello della rappresentazione figurativa dell’arte e delle sue suggestioni estetiche dall’altro, credo possa risultare un buon mezzo per avvicinare i giovani e giovanissimi allo sviluppo della creatività. Che cosa ne pensi di questo? Hai avuto occasioni di portare le tue opere in contesti scolastici, spiegarle, farle conoscere? Quale è stata la ricezione da parte dei ragazzi? G.F.: Una delle maggiori soddisfazioni che ho avuto in questi anni è rappresentata dall’entusiasmo che i giovani dimostrano nell’accogliere la Poesia Sculturata. Fin dai primi acerbi allestimenti personali i più curiosi e interessati si sono rivelati proprio i giovani e i bambini che hanno visitato le mie mostre con gli insegnanti: ho pagine piene di commenti di scolaresche da ogni parte d’Italia che testimoniano quanto le novità li affascinino. I giovani e giovanissimi hanno necessità di uscire dagli schemi, sviluppare il pensiero divergente che li porterà alla creatività. Ma cosa è la creatività? e come si sviluppa? Non certo con uno o due incontri con un’artista. A me piacerebbe avere la possibilità di incontrare più volte gli studenti, non si può neanche lontanamente pensare che uno o due incontri con me possano generare chissà cosa. I ragazzi sono affamati di novità in campo culturale, ma non solo: hanno necessità di trovare nuovi modi che li avvicinino alla poesia, all’arte, e, proprio per la duplicità che tu, Lorenzo, menzioni nella domanda, la mia espressività possiede quel non so cosa che li catapulta in un mondo diverso. In questi anni all’interno di associazioni culturali e polifunzionali ho ideato e condotto laboratori artistici sui mandala, sulle fiabe, sui libri d’artista, sulla Poesia Sculturata stessa, e sugli Oggetti Pensanti. Sono anche stata invitata durante convegni dedicati all’infanzia per parlare della resilienza nell’arte, tema difficile ma che è quantomeno attuale, e durante l’Earth Day sono intervenuta in vari contesti zeppi di adulti durante i quali ho illustrato le mie opere esposte e raccontato ai presenti “la circolarità del mio creare nel rispetto dell’ambiente”. In qualunque luogo o realtà io mi trovi, durante i miei interventi cambia solo l’approccio e il linguaggio che utilizzo a seconda del pubblico che ho di fronte, ma la sostanza di ciò che dico resta invariata. Sinceramente non so in che misura la mia divergenza sia accolta dagli altri. Molti ne prendono le distanze, altri invece affermano che possiedo una coerenza fluida e circolare. Ciò che so, perché l’ho imparato sulla mia pelle, è che la creatività è qualcosa di astratto che risiede dentro noi stessi. È un estro che vuole essere estratto, svegliato, acciuffato. Nel mio testo teatrale inedito “l’estro creativo” è il coprotagonista, è lui che racconta il meccanismo con il quale si sviluppa e lo racconta dall’antro del corpo in cui risiede. Le mie poesie “Germe solitario” e “Delirio” parlano anch’esse della creatività, una compagna che non fa sentire mai soli. Lorenzo, ti ringrazio per le domande e per l’attenzione. Fin dalla prima volta che mi hai scritto ho notato in te una curiosità che mi ha incuriosita e che ho apprezzato. Nel salutarti azzardo un desiderio: in futuro spero di arrivare a più giovani che posso, scuole, case, università, associazioni, eccetera. I giovani hanno bisogno di noi adulti per sviluppare la divergenza, il pensare alternativo, il fare creativo, hanno bisogno di costanza e di coerenza. Ma, mi chiedo e ti chiedo, in fin dei conti, non ne abbiamo bisogno tutti?

Sillabe nel vento di GIOVANNA FILECCIA

Vorrei scrivere una poesia senza parole le cui sillabe si disperdano nel vento vorrei che volasse con la forza del pensiero e che arrivasse direttamente nel caos delle menti.

Vorrei scrivere una poesia senza parole che racchiuda tutto il sapere dell' universo abbia memoria di ciò che ancora è da venire viva di vita propria senza alcunché da celare.

Vorrei scrivere una poesia senza parole dove il vero e il falso siano ognuno al proprio posto l'uomo possa comprendere il giusto percorso anche senza vocaboli possa esprimere il suo intelletto.

Vorrei scrivere una poesia senza parole dove al posto di parole ci siano silenzi dove al posto di silenzi ci siano emozioni dove le emozioni possano sfociare in sagge riflessioni.

Vorrei scrivere una poesia senza parole una poesia che nella sua coerenza sia totalmente sconclusionata perché ognuno possa prendere ciò che gli serve per far luce nel caos della sua mente.

Opera tridimensionale di Poesia Sculturata "Sillabe nel Vento, la Montagna del Caos e dell'Equilibrio", tratta dall'omonima poesia che dà il titolo al libro pubblicato nel 2012. La riportiamo, dietro gentile concessione dell’autrice, insieme al testo della poesia e alcune foto che ritraggono la scultura in oggetto.

Adagiata su tiepidi sassi tondeggianti, e accoccolata con le spalle al sole, sento che

L’orizzonte vibra al ritmo incalzante di un’avida onda che si allontana compone pensieri e torna a baciare la riva; il pensiero fluisce al cuore che il merletto increspato gelosamente occulta; l’onda risuona: il canto si insinua nei frastagli e vìola grotte vergini; schiaffeggia baie invase da cubi di cemento; lambisce fianchi sinuosi che si offrono sfacciati a coste scoscese che anelano pace. L’acqua del mare: testimone di memorie, culla del tempo che porta al mio orecchio il battito del mondo. Il respiro dell’onda narra la danza tra gli uomini e il mare mentre il cielo, dal templum infinitum,osserva il marinaio che, pur contemplando l’infinito, vive di quisquilie e dorme.

Particolare dell’opera "Onda", sino ad ora mai esposta, tratta dalla seconda strofa del poema Marhanima, testo poetico e opere tridimensionali di Poesia Sculturata (2017)

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