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DOMENICO PISANA – Recensione de Indiscrezioni dal fortiliziodi Sergio Carlacchiani

Indiscrezioni dal fortiliziodi Sergio Carlacchiani Recensione di DOMENICO PISANA170

Indiscrezioni dal fortilizio è la raccolta poetica che Sergio Carlacchiani ha dato recentemente alle stampe per le Edizioni RPlibri. Un testo poetico che definirei di “rottura e fuori dal coro” rispetto a tanta produzione poetica del nostro tempo, atteso che l’asse contenutistico e la strutturazione formale e stilistica obbediscono a un sentire nel quale la vita si manifesta nelle sue spinte fosche, nelle forme di una “bruciante oscurità”, nella fisionomia di una frontiera giornaliera caratterizzata da un “disastro” da affrontare.

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Quella di Carlacchiani è una “poesia ininterrotta” di marinettiana memoria, che elimina la punteggiatura, dispone il costrutto poetico così come nasce, nella assoluta libertà, opponendosi pertanto alla sintassi tradizionale e alle regole della metrica; ne nasce una “coscienza poetica in libertà” che fa di lui un “artista totale” che tocca vari tasti dell’arte: la voce, la pittura, la poesia, la narrazione, presentandosi, così, pienamente inserito nella vita sociale della sua terra e imponendosi non solo per i suoi versi ma anche per esperienze e composizioni vocali e teatrali, per doppiaggi e per la realizzazione di opere figurative e, financo, di cura di spettacoli.

La scelta del titolo dato alla silloge, che si avvale anche di un apparato iconografico, contiene in sé la forza propulsiva della sua poesia; il “fortilizio” di Carlacchiani non è certamente un luogo di chiusura, una sorta di torre eburnea dalla quale contemplare il mondo beandosi con se stesso, quanto il “luogo dell’ermeneutica” da dove egli grida interrogativi laceranti, disvela “la follia del mondo” creando azioni e reazioni tra tragico e sublime, prospettive visive e analogie grazie ad una geometria di parole, immagini e affabulanti modi espressionistici con cui si “finge poeta” trascorrendo intere giornate a scrivere:

Passo intere giornate a scrivere a fingermi poeta facendo scempio delle parole senza alcun ritegno

170 DOMENICO PISANA (Modica, RG, 1958), teologo morale, poeta, scrittore e saggista. Ha conseguito il Dottorato in Teologia Morale presso l’Accademia Alfonsiana della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha insegnato Etica Professionale, Morale Fondamentale e Bioetica nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “G. Maria Tomasi” di Ragusa, Teologia Morale nella Scuola Teologica di base della Diocesi di Noto. È giornalista e direttore responsabile dell’emittente radiofonica «Radio Trasmissioni Modica», componente dell’ATISM, Associazione Teologica Italiana per lo studio della Morale. Ha collaborato con la rivista di Letteratura «Avanguardia», con la rivista di Letteratura e Teologia «Oltre il muro» ed è Presidente del Caffè Letterario “Salvatore Quasimodo” di Modica. Numerose le sue opere pubblicate in cui è autore e curatore, tanto per la poesia che la critica letteraria.

quando poi annotta e crolla questo fragile regno torno al solito ruolo quello di portavoce della poesia vera espio una mera pena che m’infliggono i poeti incazzati laureati di solito risibile mi sgridano anche i più acclamati conosciuti quelli che scrivevano in maniera incomprensibile.

(poesia “Mi fingo poeta”)

Il mondo poetico di Carlacchiani è capace di farci entrare nel grottesco della vita con le sue illusioni, allusioni e indiscrezioni; la stessa strutturazione a piramide di certi componimenti e funzionale alla rappresentazione di ciò che dagli altri è spesso giudicato strano e anormale. Carlacchiani è, insomma, un autore di originalità chiara, non riconducibile a schematismi o formule letterarie; entrare nei suoi componimenti è come entrare nel caos, nel grottesco, nell’apoteosi dell’assurdo sospeso tra la sua visionarietà e le prestazioni della sua fantasia:

“In questo tempo non ordinario non sono come voi mangio quando mi ricordo e ahimè io non ricordo. In questo tempo non ordinario non sono come voi non posso rimandare i pensieri non posso creare un domani è all’oggi che devo appartenere e frugare dentro le coscienze apparenti umiliate obnubilate. In questo tempo non ordinario non sono come voi il percorso poetico è un destino la parola data è l’unica promessa per me non solo lei resterà...”

(poesia “Non sono come voi”)

Dal suo “fortilizio” e con il suo esilarante estro, l’autore si muove come un acrobata che fa salti mortali per raccontare perché Dio lo ha abbandonato, che cos’è l’amicizia, la speranza, la follia, la sofferenza, l’umiltà, la pietà, la Provvidenza, la giustizia e l’attesa; e lo fa con il ricorso a una versificazione che opera una rottura nei confronti di una poetica aulica e che invece privilegia un poetare che ama manipolare la parola sui propri sentimenti e sugli stati d'animo, quali “amicizia”, “speranza” , “umiltà”:

“L’amicizia sceglie e si stanzia nell’anima è una lampadina che non si spegna mai vicina o lontana non fa gesti eclatanti quando vuole chiama resiste alla realtà certo che non è amore quel tipo d’amore ma passione sentimentale comunque sì ricordare i pregi? I difetti? I pettegolezzi? L’amicizia vera dura più d’un matrimonio…”

(poesia “L’amicizia”) *

“La speranza cerco un senso di delicatezza di grazia un’esplosione luminosa nascosta di vita aurea sublime che s’insinui dolcemente nell’anima e la blandisca un miracolo azzurro d’acque limpide e verdi gemme che chieda alla fonte specchiante pace serena visione

un’aspettativa che brancoli nel buio ma non impauri prosegua nei tentennamenti nel percorso onnipresente e percezione vera anelata nella dimora viva della sete sia per l’oppressa umanità mormorio di beatitudine”.

(poesia “La speranza”) *

“Ho sempre desiderato essere umile non umiliato mettermi in discussione imparare ad ascoltare dichiarare una sconfitta senza vergognarmi l’errore loconsidero solo un’opportunità ci rende più o meno uguali più normali conquistare con grazia l’umiltà una meta come avere modesta considerazione di sé non mi è dovuto niente se non lo merito seppure lo dovessi meritare guai a me!

(poesia “Conquistassimo l’umiltà!”)

La rievocazione della contemporaneità si muove, in questa silloge, tra le pieghe di attraversati da lampi di riso, da scatti di umanità e di pietà, da quel continuo abbandono del poeta al lavoro della fantasia, alla poetica della provocazione e a quella sottile passione per la franchezza, l’ironia e la satira, che sono la costante della visione della sua vita. E così, viene da chiedersi se è poesia quella di Sergio Carlacchiani. Anzi è lui stesso a chiedersi: “potrei essere poeta anch’io?”:

Ci appressiamo alla meta Come altri poeti scrivo leggono loro come cani se scrivessi come cane potrei essere poeta anch’io? O no? Ecco non se ne parli più non è importante sapere se questa sia poesia quel che seriamente scrivo è vera vita forse mia fantasia per dimenticare tutto ciò che viene mentito l’esistenza con lei ha un altro sapore mette appetito in questo modo tutto scorre via sentito dentro in uscita la partita è perbene perdere tempo soluzione non segreta la poesia è sorella madre figlia è la mia famiglia discreta stiamo vicini aggrappati sereni ci appressiamo alla meta.

(poesia “Ci apprestiamo alla meta”)

I versi di questa raccolta di Carlacchiani ci fanno per un attimo pensare alla poesia “Chi sono? del grande poeta Aldo Palazzeschi, il quale ribaltando l’immagine tradizionale del letterato-poeta, interpreta se stesso come un poeta-giocoliere, un “saltimbanco”: “Chi sono io?/ Il saltimbanco dell’anima mia”, dice Palazzeschi al verso 21; e così opera una demistificazione della tradizione lirica precedente, che, ai sui occhi, si era ormai ridotta a una ripetizione acritica di tematiche e forme precedenti.

Sergio Carlacchiani abbiamo l’impressione che si muova in questa direzione, prendendo le distanze dal molteplice poetare contemporaneo; egli con i suoi versi si mostra “irriverente”, rifiuta etichette e forse anche quella di poeta, che in molti invece ambiscono mettere in evidenza. Eppure le sue composizioni poetiche non sono astratte, convenzionali

né auliche, ma possiedono una forza comunicativa dirompente, una capacità di entrare nell’animo umano e nelle pieghe di un’esistenza confusa e smarrita; dentro i suoi versi lunghi e ininterrotti di “poeta irreverente” fluiscono sentimenti, passioni, emozioni, irritazioni, denunce, sogni, dolori, ansie, follia e nostalgia, tutti lemmi che diventano “parolechiave” dei sui componimenti.

Sul piano stilistico e formale, riteniamo che dietro ogni composizione c’è l’epifania poliedrica del poeta, del pittore, della voce narrante, dell’attore, che si traduce in realtà in una struttura poetica attentamente studiata e calibrata.

Indiscrezioni dal fortilizio ha una struttura libera e – come dicevamo – canta fuori dal coro; la preminenza del gioco fantastico della parola, la forza istintuale dei sentimenti e l’intento eversivo teso a liberare la parola poetica dalle maglie di formule vuote di forza espressiva, ne fanno una raccolta diversa che scardina, sull’onda di correnti letterarie del ‘900 come quelle futurista e avanguardista, i moduli metrici tradizionali, prediligendo il ritorno a soluzioni sperimentali rispetto alla tradizione poetica:

“Siamo poesia matasse di nuvole da disbrogliare Anime belle siamo fantasia incontri casuali velati di malinconia ottime scelte marionette senza fili preghiere diventate musica conforto che l’esistenza propone nello smarrimento quando il tempo è sospeso tenuto vivo dalla parola indefinibile salvata dal manicomiale chiacchiericcio anestetizzante d’un pedante niente borghese che tutto vuole inghiottire siamo strani ritratti scontornati dal vento parliamo ai silenzi di tesori chiusi dentro imperscrutabili solitudini siamo come voli sospesi leggeri sacri chiamati dalla bellezza al sacrificio di schiudere ostili oscurità colme di sofferenza che nell’aldilà accompagnano e resistono con lo sguardo imperturbabile aperto rivolto a un cielo di vita che sbroglia matasse di nuvole per farne poesia a Dio gradita”.

(poesia “Siamo poesia matasse di nuvole da disbrogliare”)

Questa raccolta, per concludere, ci sembra rispondere a quanto affermava Valéry nella “Crise dell’esprit” del 1919, ove sosteneva: “L’Amleto europeo osserva milioni di spettri, pensa alla difficoltà, anche al fastidio, di ricominciare il passato, alla follia di volere innovare sempre, e oscilla tra due abissi, perché due pericoli non cessano di minacciare il mondo: l’ordine e il disordine”. E così, i poeti – direbbe Montale “possono scrivere prose classicamente tradizionali e pseudo versi privi di ogni senso”, oppure scrivere versi per essere urlati in un parco o – come sostiene sempre Montale - “in una piazza davanti ad una folla entusiasta. Ciò avviene soprattutto nei paesi dove vigono regimi autoritari. E simili atleti del vocalismo poetico non sempre sono sprovveduti di talento” (cfr. Eugenio Montale, Edizione speciale UTET, 1977).

Ed è quel talento che esplode in Sergio Carlacchiani, che non è certo arrivato adesso, se è

vero che ha attraversato nel tempo sentieri culturali di notevole spessore che lo hanno visto cimentarsi in diversi campi come attore, regista, doppiatore, poeta, performer e pittore, assumendo anche la direzione artistica di varie rassegne teatrali, tra le quali “Donna/Modello”, “Poeti e Poesie da Decl/Amare”, “Live Poetry”, “Vita Vita” e “Poesia in Vita”.

È stato, altresì, voce narrante in diversi film, cortometraggi, documentari, e più volte ospite di importanti trasmissioni radiofoniche, oltre a quelle televisive, in Rai ed emittenti regionali e locali, nonché interprete di grandi poeti della letteratura italiana e stranieri, quali Leopardi, Petrarca, Montale, Carducci, Pascoli, D’Annunzio, Pasolini, García Lorca, Pessoa e Neruda.

La sua personalità e abilità artistica starebbero sicuramente strette dentro un canone poetico classico, il che spiega la sua scelta di campo di una versificazione che va oltre le restrizioni formali propri della tradizione poetica classica che, se spinti all’eccesso, finiscono spesso per riproporre un presente alla maniera del passato producendo solo vuoto e retorico accademismo; forse è presente in Carlacchiani, che conosce bene i grandi classici perché li recita nei teatri, la necessità d’innovare operando una “riconciliazione” tra scrittura poetica e storia, e attivando un equilibrato rapporto tra “ordine e senso dell’avventura”. Ad ogni modo nei suoi testi poetici c’è un modo di guardare le cose della vita e la società contemporanea che sembra andare di pari passo con quella coerenza intellettuale che supera ipocrisie e retorica e il cosiddetto “poetese”; da qui la sua rottura e contrapposizione agli schemi prefissati, utilizzando un personale e indipendente repertorio tematico e prosodico, financo nel firmare i sui versi: “sergio e Basta!”.

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NUMERO 33 – Luglio 2021 –

“Amori impossibili tra arte, storia, mito e letteratura” NUMERO 32 – Dicembre 2020 – “Poeti e scrittori nascosti e dimenticati” NUMERO 31 – Luglio 2020 – “L’”io” nella letteratura: individualità e introspezione” NUMERO 30 – Gennaio 2020 – “L’uomo di fronte alla natura: descrizioni, sublimazioni e terrore” NUMERO 29 – Luglio 2019 - “I drammi dei popoli in letteratura: genocidi, guerre dimenticate, questioni irrisolte, rivendicazioni e speranze deluse”. NUMERO 28 – Febbraio 2019 - “Musica e letteratura: influenze e contaminazioni” NUMERO 27 – Agosto 2018 - “Il coraggio delle donne: profili ed esperienze femminili nella letteratura, storia e arte” NUMERO 26 – Marzo 2018 - “Emigrazione: sradicamento e disadattamento” NUMERO 25 – Novembre 2017 - “Autori internazionali e la loro influenza nella letteratura italiana” NUMERO 24 – Agosto 2017 - La cultura ai tempi dei social networks NUMERO 23 – Giugno 2017 - La scrittura teatrale e i suoi interpreti NUMERO 22 – Febbraio 2017 - La storia come testimonianza NUMERO 21 – Novembre 2016 - L’apparenza e la verità NUMERO 20 – Luglio 2016 - “Assenza e mancanze” NUMERO 19 – Maggio 2016 - “L’impegno civile: la letteratura impegnata” NUMERO 18 – Gennaio 2016 - “Sesso e seduzione nella letteratura” NUMERO 17 – Ottobre 2015 - “Quando l’arte diventa edonismo” NUMERO 16 – Giugno 2015 - “Alterità nelle sue varie forme” NUMERO 15 – Marzo 2015 - “Echi e immagini del passato” NUMERO 14 – Dicembre 2014 - “Diritti mancati di questa società” NUMERO 13 – Settembre 2014 - “Detti, dialetti e folklore locale” NUMERO 12 – Maggio 2014 - “La natura è in pericolo!” NUMERO 11 – Marzo 2014 - “Viaggi reali e viaggi fantastici” NUMERO 10 – Gennaio 2014 - “Forme di consenso e di dissenso” NUMERO 9 – Ottobre 2013 - “Disagio psichico e sociale” NUMERO 8 – Giugno 2013 - “Panta Rei: Tutto scorre” NUMERO 7 – Febbraio 2013 - “La città” NUMERO 6 – Gennaio 2013 - “L’intercultura” NUMERO 5 – Settembre 2012 - “Potere e povertà: gli squilibri insanabili” NUMERO 4 – Luglio 2012 - “Flutti, burrasche e derive: la bellezza e il mistero del mare” NUMERO 3 – Aprile 2012 - “Metamorfosi, trasformazioni e travestimenti: la doppiezza dell’essere” NUMERO 2 – Febbraio 2012 - “L’erotismo, tra passione e lussuria” NUMERO 1 – Dicembre 2011 - “Il sogno: tra fantastico e proiezione del vissuto”