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ANGELO ARIEMMA – “Viaggi letterari”

anche se tu non lo vedi. Lui ti guarda con gli occhi della tua lontana giovinezza. Non dimenticare; qualcosa del passato amore resta sempre”.

Vedo villaggi di pescatori. Suonano un antico strumento (la lira) dal suono struggente. Si leva il sole dell’ultimo mio giorno sull’isola. Su di me il ricordo del salso dell’acqua.

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Vorrei essere spuma e balzare sulle rocce assolate. Resterà una traccia di me? Ti cerco disperatamente mio lontano compagno. In un tempo andato fendevamo insieme le acque. Tu non sei più ma affiori nel mio sentire. Si sperdono i miei occhi nelle lucciole di sole che saltellano sull’acqua.

“Ancora, altri che guardano il mio inoltrarmi/ su di un mare più crudele di qualsiasi parola d’amore,/ possono osservare in me la calma che il mio transitare origina/ sfidando nuova acqua in alcuni antichi inganni,/ E la certezza che ogni credenza può spingere a salvare navi di linea/ prestando ascolto ai piccoli rumori dei rematori affondati vicino alle stelle” .

Viaggi letterari di ANGELO ARIEMMA

Non si può non parlare dell’Odissea, il primo vero romanzo della letteratura occidentale, dove il fantasy delle avventure tra i mostri si unisce alla vita, partitamente descritta nei suoi usi e costumi di quella civiltà.

Viaggio anche da un mondo ferino, dove regna la vendetta, che trova il suo apice nel massacro dei pretendenti, al mondo della legge e del diritto, allorché Ulisse punisce i servi infedeli, ma mantiene con sé quelli fedeli e, infine, si riconcilia con i familiari degli uccisi, spezzando così il regime di faida che altrimenti sarebbe proseguito.

Altro viaggio mitico è quello della Pequod alla caccia di Moby Dick, l’essere che emerge dalle profondità marine a distruggere le navi che incontra.

Quindi viaggio per mare, ma viaggio dell’uomo all’interno di sé: Moby Dick è il fantasma di Achab; ma diventa il fantasma di tutti, poiché ognuno ha il suo dentro di sé, e lo proietta nel gigante marino. E Ismaele che si salva abbracciato alla bara, chiarisce come tutti i fantasmi nascono dalla consapevolezza che l’essere umano ha della propria finitudine.

Allora ecco il viaggio nel tempo di Proust a sconfiggere questa finitudine. Il tempo erode la vita, il tempo perduto è quello rievocato da Marcel della sua vita mondana, dei vari personaggi che l’attorniano, dei suoi amori, della sua vocazione mancata; che infine si ritrova nel romanzo sotto i nostri occhi.

Il tempo ritrovato è il romanzo, sono gli anni passati a scrivere chiuso nella propria stanza, è l’unica dimensione possibile di immortalità: la scrittura, l’arte, la bellezza che si tramanda ai posteri.