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ANTONINO CAUSI – “La cultura hobo”

l’ultimo talamo. Tutto ciò fa di noi creature in anima, collocate dentro un guscio permeabile. Home. Sweet home. Or not.

Gaston Bachelard: «Non solo i nostri ricordi ma anche le nostre dimenticanze sono alloggiate; il nostro inconscio è alloggiato, la nostra anima è una dimora e, ricordandoci delle case e delle camere noi impariamo a dimorare in noi stessi. Le immagini della casa (ce ne accorgiamo fin da questo momento) procedono in due sensi: esse sono in noi così come noi siamo in esse» (da La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1975).

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Bibliografia

CHATWIN BRUCE, Anatomia dell’irrequietezza, Adelphi, Milano, 1997. HILLMAN JAMES, Saggi sul Puer, Adelphi, Milano, 1988. AA.VV., Una casa tutta per lei, a cura di Valeria Bianchi Mian ed Emma Fenu, Golem Edizioni, 2017.

La cultura hobo di ANTONINO CAUSI82

L’hoboè riconoscibile in un individuo dedito al vagabondaggio che per sua scelta decide di seguire uno stile di vita basato sulla semplicità, ricerca dell’avventura e del viaggio. Non è un senzatetto è uno che si improvvisa venditore di qualcosa, svolge lavori saltuari di breve durata, perché è sempre assediato dalla voglia di libertà, cambiamento e avventura.

La cultura hobo nasce negli Stati Uniti verso la fine del 1800, in considerazione dello spirito avventuroso dei primi coloni, dei cercatori d’oro, a cui si ispirarono i libri di racconti e la vita stessa dello scrittore, giornalista e drammaturgo statunitense Jack London, che svolse svariati lavori e si unì alla famosa corsa all’oro del Klondike, prima di diventare un famoso scrittore. Nei primi decenni del 1900, il fenomeno del vagabondaggio viene vissuto in America come un grosso allarme sociale e causa di disgregazione morale e civile. Si sviluppano fenomeni di intolleranza, diffidenza mediatica e popolare verso i vagabondi, barboni e gli hobo considerati dei criminali. Così vengono applicate leggi severissime che puniscono il reato di vagabondaggio, normative che rimarranno in vigore fino agli anni ’70 prima di essere considerate totalmente incostituzionali.

82 ANTONINO CAUSI (Palermo, 1964) si è laureato in Scienze Politiche e ha ottenuto il Master Universitario di 1° livello in Immigrazione, asilo e cittadinanza presso la facoltà di Scienze della Formazione. Sottoufficiale nella Polizia di Stato. Per la poesia ha pubblicato i libri Versi in libertà(2009), Melodie dell’anima (2013) e Ogni uomo ha la sua isola,premiata al Premio “Carrera” (2018) e alla X edizione del Premio “Arenella - Città di Palermo”. Cura il blog di poesia e cultura «Tonypoet», è socio dell’Accademia Siciliana Cultura Umanistica, Consigliere dell’Accademia Universitaria di Lettere, Arti e Scienze “Ruggero II di Sicilia” e dell’Ass.ne Culturale “Ottagono Letterario”. Fa parte del Gruppo Poetico Lilybetano di Marsala (TP). Conferenziere, recensore, relatore e moderatore di incontri, è giurato in concorsi di poesia e narrativa. Scrive articoli per riviste letterarie. Da dieci anni organizza l’evento estivo “E…state in poesia”. Nel 2018 ha ricevuto dall’Accademia di Sicilia “La pigna d’argento” per la letteratura. 54

Gli hobosi distinguono dai vagabondi per il fatto di aver messo in pratica la loro scelta di essere liberi, avventurieri, semplici e senza grandi pretese, sempre alla ricerca interiore e alla esiguità. È un soggetto che normalmente non rifiuta il lavoro e non vuole essere uno schiavo, condanna la violenza e il furto.

Tra gli anni ‘60 e ‘70, la filosofia degli hobo si diffonde anche nella cultura degli hippy americani e poi fra gli europei, nei loro viaggi, spesso praticavano l’autostop in motocicletta o con furgoni adattati, per partecipare a festival e incontri di società.

L’origine del termine hoboè sconosciuta, si pensa che fa la sua prima comparsa nel 1900 nella cultura anglo-americana.

Sempre in questo secolo si vennero a creare dei quartieri abitati dagli hobo, ben presto divennero un luogo d’incontro e di elaborazioni culturali ma anche occasione di formazione di idee politiche e sociali basate sulle controculture. Il loro stile di vita era piuttosto duro, viaggiavano, come si è detto prima, sui treni merci in modo illegale, soffrivano il freddo e dormivano in posti umili, venivano perseguitati dalle forze dell’ordine ma anche dai cittadini che li consideravano pericolosi. Così nacque una comunicazione fra gli hobo piuttosto particolare, crearono infatti un codice segreto, fatto di simboli e segni, con i quali indicavano i luoghi pericolosi e quelli sicuri, dove si poteva avere il cibo, le cure mediche o il lavoro.

Questi simboli e segni venivano tracciati con il gesso o il carbone, erano veramente utili, per fare alcuni esempi, la croce voleva dire che in quel luogo i sacerdoti offrivano il cibo; un gatto stilizzato equivaleva alla presenza di una donna buona e gentile; due cerchi incrociati rappresentavano le manette. A questo punto quello che si potrà trarre da un fenomeno come quello degli hoboè che quest’ultimi devono essere visti come dei soggetti che sentono forte lo spirito di libertà e di adattamento, che non hanno piano d’azione di lungo termine e che ogni giorno si vogliono mettere alla prova con la vita. Gli hobovivono molto il presente, danno meno spazio ai ricordi e al passato e vedono un ristrettissimo futuro. Quindi vivono totalmente nel presente, rifiutando le convenzioni degli altri, rappresentano un modo di essere se stessi.

Per chiudere vorrei condividere una mia breve poesia sul tema, “Gli hobo”

Prigionieri con gli altri Non siamo criminali siamo gli hobo uomini e donne liberi avventurieri e senza catene alberi dove fioriscono i fiori e frutti della libertà