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MARIA LENTI – “Dove ti trovo per ritrovarti?”

Dove ti trovo per ritrovarti? di MARIA LENTI83

Infanzia di enigmi e di certezze, di scoperte a rincorrere conoscenze, di giochi. “Parto e nel partir ti lascio: mezzo uovo, un uovo intero, il principiar di Roma, il finir di Atene: che cosa ti lascio?”. L’indovinello richiedeva da un lato immaginazione, acutezza, nell’interlocutore calma e pazienza. Mezzo uovo (visto in orizzontale) = c; un uovo intero = o; rdi Roma; edi Atene. CORE. Mi lasci il cuore.

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Ci regalano il cuore, il tempo buono, le amicizie, gli amori, i momenti, i libri, i film, i viaggi, l’età che sale. Ci fascia il cuore tutto ciò che costituisce la vita-esistenza.

Più sottilmente ci danno il cuore i nostri amati. (Il nostro, loro lo hanno cullato, lo hanno, lo porteranno con sé). Dentro il cuore dei cari ci sono gli affetti profondi e i valori, l’eticità che li ha distinti: passano nelle nostre mani l’amore e il loro essere stati e avere vissuto in una strada onesta e limpida.

Dei cari e di altri. Che cosa vive nel cuore, per esempio, di alcune persone, il più delle volte non frequentate e nemmeno conosciute, ma di cui sappiamo giorni e opere versate nella e per la comunità? Di quella persona che se n’è andata per sempre ieri, un mese, un anno fa, e di cui, scrivendo i giornali resoconti e commenti, sbigottita, addolorata, con il fiato perso in gola leggo titoli cubitali con punte talora retoriche: “…ora siamo più poveri”?

Sì, private di questa persona, siamo più poveri. Eppure non lo siamo se consideriamo che essa regala alla nostra riflessione i suoi anni pieni di cose belle compiute per gli altri, per l’umanità, dalla parte della cura e della solidarietà, dell’operatività senza speculazione di sorta, dell’avere posto la propria competenza, intelligenza, la dedizione amorosa a soccorso di chi ne aveva bisogno per povertà e lontananza da non solo privilegi ma opportunità, per nascita in spazi in cui la guerra ha una lunga storia di soprusi e ignoranze, per essere cresciuto in luoghi inospitali e non sanati dalla miopia politica, dalla mancanza di risorse, dalle rapine monetarie del capitale.

Un dono, senza la volontà di colonizzare il suo simile, ridurlo al suo modo di vivere e di ragionare, di vestirsi e di parlare, senza la pretesa, il do ut des, di volerlo assimilare a sé, al suo tono e stile di vita, ossia alla restituzione, in prospettiva, del capitale impiegato. Un dono di cui non si è né reclamato né domandato il ricambio. Un dono per riconoscimentoumano del mio simile, della mia simile.

Ogni volta che scompaiono da questo mondo una donna, un uomo che hanno profuso la loro vita per la vita di popolazioni le più diverse, nel profondo rispetto delle loro caratteristiche e costumi, di psicologie e sensibilità loro, accanto al compianto si può raccogliere nelle mani il succo di tale operare per continuarlo, per non confinarlo nella memoria e negli anniversari tanto enfatici quanto inutili: sostenendo le strutture da loro erette nei diversi paesi della terra; calando nel nostro agire, sociale, politico, culturale, il senso di quel nocciolo in cui non vi era animosità di sorta, prevaricazione di individuo su individuo, di gruppo su gruppo, di etnia su etnia, di stato su stato, di nazione su nazione, di me che ti curo e ti istruisco su te che devi rispondere con la sottomissione, l’ubbidienza, l’assorbimento della mia totalità .

83 MARIA LENTI (Urbino, 1941), poeta, narratrice, saggista, giornalista-pubblicista. Docente fino al 1994, anno in cui è stata eletta (e rieletta nel 1996 fino al 2001) con Rifondazione Comunista alla Camera dei Deputati. Tra i suoi libri: Versi alfabetici, (2004), Cambio di luci(2009, finalista al premio di poesia “Pascoli”), Giardini d’aria(2011), Effetto giorno(2012), Cartografie neodialettali (2014), Ai piedi del faro (2016), Certe piccole lune (2017, premio Fara “narrabilando”), Elena, Ecuba e le altre (2019, 3° premio al PontedilegnoPoesia, 2019), Arcorass Rincuorarsi(2020) Nel 2006 ha vinto lo “Zirè d’oro” (L’Aquila). 56

Tu, donna o uomo, resti con me, con noi. Ho, abbiamo introiettato l’essenza del tuo agire perché esso ha aperto varchi, spostato sbarre, reso permeabili i confini, sciolto pareti. La faccio mia, quell’essenza: lavorando sul presente essa, infatti, ha prefigurato il futuro.

Un passato e un presente affidati a chi, dopo di te ma tenendoti con sé, va verso il futuro. Non sei più accanto a me, ma mi muovo per ritrovarti. Non solo nei ricordi personali, nell’evocazione consolatrice delle mie ore tristi, degli sconforti, della vicinanza nei momenti di gioia. Voglio ritrovarti fuori, nei proponimenti, nelle decisioni che mi coinvolgono, negli interventi miei e del mio intorno, nelle cose fatte, in quelle da fare.

Solo così ti posso ritrovare: nell’eredità che mi hai lasciato e che posso-voglio-desidero non disperdere, anzi, che posso-voglio-desidero spalmare nel mio agire pubblico e privato. Non sei un rimpianto sterile né un lamento querulo, o soltanto un nome di cui mi vanto, ma sei in carne e ossa in ciò che svolgo o creo grazie a quel che tu sei stato e stata, a ciò che hai fatto, in quel tanto, davvero tanto, che della tua vita mi lasci.

Dove ti trovo per ritrovarti? Qui io ti ritrovo, nel testimone che ho raccolto e che porto avanti.

L’interrogativo ha trovato la sua risposta.

Darle un seguito, la felicità.