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ANTONIO FIORI – Recensione de L’infinito ronziodi Davide Toffoli

italiana, non possiamo non ricordare l’emigrazione esterna dei primi decenni del Novecento verso le Americhe o l’Australia, che coinvolse molti Italiani, ma anche quella interna, soprattutto negli anni Sessanta, quando il boom economico del nord indusse tanta gente povera del sud ad emigrare e, di fatto, mai venuta meno, considerato che ancora oggi, molti giovani, anche laureati, sono costretti a cercare fortuna non solo nel nord Italia, ma anche in Europa.

Notevole è la produzione letteraria che si occupa del tema, infatti già nelle pagine di autori come De Amicis, Pascoli, Pirandello o Soldati affiorano episodi molto duri, storie di persone che hanno vissuto le pene dell’inferno per rifarsi una vita, ma per citare anche qualche autore più recente, ricordiamo: Armando Gnisci, Otto Bitjoka, Gezim Hoxha, Carmine Abate, John Fante, Santino Spinelli, etc., che, attraverso la letteratura, cercano di preparare un nuovo mondo transculturale, alieno da pregiudizi razziali che spesso hanno reso drammatica la storia dell’umanità.

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Il genere diaristico a cui l’opera è ascrivibile, giustifica le frequenti analessi, attraverso le quali lo scrittore, in posizione omodiegetica, fa emergere i ricordi e il punto di vista del piccolo protagonista e racconta il passato della sua famiglia; il linguaggio presenta frequentemente termini dialettali, nella volontà d’immergersi anche nel lessico di Ninì, insomma anche nello stile si rileva la volontà di proporre al lettore un’opera profondamente realista.

L’infinito ronziodi Davide Toffoli Recensione di ANTONIO FIORI164

Davide Toffoli ci regala una raccolta metapoetica molto coinvolgente, costruita incastonando spesso versi altrui nel flusso del ricordo e nella personale rievocazione di decine di poeti (come nella originale celebrazione degli Intimi ritratti inversi, con "la straziata allegria" di Giorgio Caproni, "la parola-tagliola" e "la parola-fuoco" di Giorgio Ghiotti, la "finestra spalancata" di Roberto Deidier, "i discorsi dimenticati" di Francesco Guazzo, la "voglia di sasso e sorte" di Antonella Anedda).

A fronte della varietà apparente di temi e di forme, anche Davide Toffoli scrive sempre la stessa poesia, ne è l'officiante che la legge e la medita ma, a differenza dei ministri del culto religioso, è coautore del verbo poetico, è una delle "voci in processione".

A volte i versi di questa raccolta sembrano potersi smontare e rimontare tra di loro, senza perdere ragion d'essere e capacità evocativa: "Scriviamo silenzi / Fissiamo vertigini. / A piedi sogniamo, pestando le strade, / matrici e radici.../ il futile mutare del passo. / Ogni arrivo è un congedo / Unica destinazione il viaggio" (questa mia 'ricostruzione' - ad esempio - è dalla sezione Stelle migranti).

164 ANTONIO FIORI (Sassari, 1955) in qualità di critico ha collaborato ai blog letterari «Via delle belle donne» e «Oboe sommerso» e al mensile «Poesia» di Crocetti. Nel 2004 è stato tra i vincitori per la silloge inedita al Premio Montale Europa. Per il libro Nelverso ancora da scrivere(2018) ha ricevuto il riconoscimento «Per una vita in poesia» al Premio Montano (2019). Ha pubblicato inoltre Sotto mentite spoglie(2003), La quotidiana dose(2006), Trattare la resa(2009), In merceria(2012) e I poeti del sogno. Piccolaantologia(2020). Per «Avamposto» cura la rubrica “Terza voce”.