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simbolismi e messaggi”

“Desiderio di evasione, vagabondaggio ed erranza: suggestioni, simbolismi e messaggi" di VALTERO CURZI124

Da un punto fermo dobbiamo partire e questo avvio ce lo dà Parmenide agli albori della filosofia testimoniando nel suo poema Sulla Naturadue cose fondamentali: «l'una che "è" e che non è possibile che non sia, [...] l'altra che "non è" e che è necessario che non sia [...] lo stesso è pensare ed essere».

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Per il filosofo di Elea «l'essere è, e non può non essere», «il non-essere non è, e non può essere». Su questa base concettuale può guardare il tema in analisi. Non è una forzatura interpretativa perché nei casi proposti il comune denominatore è essere altro da ciò che si è, in un orizzonte di certezza che è dato dalla verità incontrovertibile che “lo stesso è pensare ed essere”; quasi duemila anni dopo Cartesio non scopriva nulla di nuovo con il suo rivoluzionario (per allora) cogito ergo sum, penso quindi sono.

Ciò che muove il discorso è il desiderio, il quale non è altro che un sentimento intenso che spinge a cercare il possesso, il conseguimento o l’attuazione di quanto possa appagare un proprio bisogno fisico o spirituale, stante in una mancanza di cosa necessaria al nostro interesse fisico o spirituale. Quindi la causa del formarsi il desiderio è prettamente il senso di mancanza, cioè privazione di qualcosa che si vuole possedere o condizione che si vuol vivere e non si ha.

In questa visione, pertanto, non ha importanza la condizione in cui si è, ma è importante come ci si sta e come ci si vuole stare. Perché la condizione vissuta non è quella che si subisce, ma quella che si vuol vivere. Se si contiene la realtà, non è la realtà che contiene e modella. E se lo fa è perché si lascia che essa lo faccia. Il desiderio quindi spinge a uscire da una realtà per entrare in un’altra, sempre però nella condizione proposta da Parmenide, e cioè che «l'essere è, e non può non essere», «il non-essere non è, e non può essere». Stiamo insomma nell’alveo assoluto dell’Essere; ciò che permette di cambiare è l’immaginazione, cioè creare altra realtà, e, o meglio, ridefinire quella vissuta su parametri diversi, fin anche opposti.

Non esiste desiderio senza immaginazione, il quale desiderio però in fondo non sa che vuole determinatamente, se non volere altro di ciò che si ha; esso nasce su questa base come spinta a uscire da una determinata condizione e crearne un’altra, prima in forma vaga e indefinita, poi centrata in una condizione definita. Il passaggio finale lo pone però la Ragione, che mossa dal desiderio e cavalcando l’immaginazione definisce e poi fissa il contesto della realtà ultima determinata. Desiderio, Immaginazione e Ragione sono i tre fattori in cui l’animo umano si muove.

Il desiderio però nella sua unicità di azione, cioè volere ciò che non si ha, si muove diversamente e in varie forme: evasione, vagabondaggio ed erranza; ognuna con caratteristiche proprie e connotabili. Infatti se evasione è in senso lato uscire da una condizione non accettabile, vagabondaggio è in senso attenuato, l’andare vagando per diporto in vari luoghi senza un preciso o preordinato programma, ma ciò non presuppone

124 VALTERO CURZI (Senigallia, AN, 1957), filosofo, scrittore, poeta e critico d’arte. S’interessa d’arte per il legame che la unisce alla filosofia, nell’analisi interpretativa sul concetto nelle forme espressive, soprattutto a quelle d’arte concettuale. Per la poesia ha pubblicato le raccolte di versi Universo di Emozionie Il tempo del vivere è mutevole; per la narrativa un romanzo epistolare: Sotto il cielo turchino di Bayan Olgiie Detti memorabili,pensieri e riflessionidell’Omino delle foglie sulla Via del Taomentre per la saggistica Il giovane Napoleone .

necessariamente un rifiuto della propria realtà se non, anche un preciso desiderio di non definirsi in una predeterminata condizione, una scelta insomma.

Erranza, invece, come colui che erra, che va qua e là (anche con valore di vero e proprio principio), che cammina senza posa; errante è anche colui che errando si scosta dalla via retta o dalla verità; che è o vive nell’errore. Esiste, nell’incontro di “evasione, vagabondaggio ed erranza” un legame sottile, riconducibile poi al loro denominatore comune e cioè il desiderio. Infatti il desiderio per sua essenza “erra” e non sa che vuole, e al contempo, non sapendo che vuole vagabonda nel suo stesso desiderio del desiderio, cioè desidera desiderare; ma vagabondare e erranza sono anche connotati dell’evasione, perché passaggio da uno stato a un altro, che possiamo chiamare “stato desiderante” in forma di divenire.

Se il desiderio è evasione, vagabondaggio e erranza, si costituisce al fine come l’essenza dell’esistenza stessa, ma costituendosi in questa dimensione salvaguarda il non-essere, dando a quest’ultimo un significato o valore, quasi smentendo Parmenide con il suo principio: «l'essere è, e non può non essere», «il non-essere non è, e non può essere», quando afferma che “non potresti avere cognizione di ciò che non è (poiché non è possibile né potresti esprimerlo”). Infatti il desiderio è ricerca di ciò che manca e ciò che manca, pur non essendo un nulla è pur sempre un non essere, ossia negazione dell’essere.

Arriviamo, dunque, al principio di alterità come non-essere contrapposto da Platone, allievo di Parmenide nel famoso “parricidio”. Il desiderio viene a costituirsi come motore di creazione dell’animo umano, attraverso il suo vagabondare e erranza di ricerca di ciò che mai troverà, perché alla fine quel che si trova dopo aver desiderato una cosa, non è la cosa pura desiderata, ma un’immagine d’essa filtrata attraverso l’immaginazione e definita per ultimo dalla ragione la quale non crea nulla, ma rende reale l’archetipo del desiderato. E il desiderio inoltre ha necessità, per sua congenita essenza di evadere, di vagabondare e errare nel possibile; ma aprire, per il desiderio, lo scenario del possibile è spalancare le

porte dell’infinito, non nella concezione di semplice ripetitività continuativa, ma possibilità d’illimitata creatività. Il desiderio scova e fa emergere la possibilità dell’impossibilità del possibile ad essere. Emersione da quel fondo di inesistenza che alcuni pensatori hanno definito un “Nulla”, da cui l’essere emerge e alla fine salvaguarda. Quel viaggio emozionale diviene messaggio che si lascia cogliere come testimonianza e denuncia di «cieca inquietudine» dell’«esistere». Voler essere fuori per mostrarsi, è uscire da «stati» che contengono e non lasciano «vivere d’essenza» ma solo soffocare.

Il desiderio, quando si muove, costruisce un romanzo e per Milan Kundera il romanzo non indaga la realtà, ma l’esistenza, la quale non è ciò che è avvenuto, ma le possibilità umane, di tutto quello che l’uomo può divenire, di tutto quello di cui è capace.

In quest’ottica si snoda il romanzo costruito dal desiderio in una narrazione di «viaggio», che si svolge in una «dimensione» anche fantastica e dal valore metaforico. Potremmo parlare di romanzo fantastico senza cadere in una contraddizione. Le pagine che ci propone il desiderio sono un’audace visione ambivalente di un mondo fra realtà e irrealtà, fra il sogno e ciò che lo contiene, perché l’idealità del sognare ha la sua base sempre nell’essere. Il desiderio sembra sviluppare la narrazione in quello spazio condiviso fra due contesti che si determinano come paralleli proprio per quello spazio fra loro che determinano.

In filosofia, quell'orizzonte si definisce «fenomenologia esistenziale». Ed è percorso parallelo anche l'Emozione e la Verità, dualismo identitario perché l’emozione è puro rapporto del soggetto con se stesso, e svela cosa dovrebbe essere un soggetto. Quindi l’emozione, come atto assolutamente autentico, cioè essenza del soggetto, rappresenta per esso la Verità. L’emozione è Verità. La nascita di un desiderio, parte dalla necessità di voler interpretare l’esistenza in una dimensione e forma diversa dal vissuto, diviene pertanto una testimonianza di voler raccontare ciò che non è ma avrebbe o potrebbe essere o essere stato. Un mondo narrativo creato dal desiderio nel suo "viaggio" che però presuppone la presenza di una storia, concatenazione più o meno complessa di eventi, che accadono appunto all’interno di una tipologia di mondi possibili, e ognuno di quei mondi possibili è «dimensione» di ogni protagonista della storia stessa.

In fondo tutte le emozioni come stato puro del Sentire, sanno come uscire, ma non trovano la strada da quel labirinto, e qui solo la Ragione con la sua razionalità può aiutarla e condurla fuori ma sugli ideali che il Sentire ha. In questo rapporto d’indeterminatezza, l’emozione non è soltanto ciò che è sentito ma anche ciò che fa sentire. Parrebbe la cosa più semplice, creare una Ragione Sentimentale, ma è la cosa più difficile che si possa realizzare. Perché la prima, la Ragione vede corto, la seconda, il Sentimento, vede troppo lungo, e basterebbe aggiustare la vista pare dirci il desiderio. Esso stesso, il desiderio, si chiede se esista un luogo tra l’essere e il non essere; perché se il reale non coincide con ciò che è, allora, chi immagina una storia guarda non in ciò che è e nemmeno in quel che non è, ma in un’altra dimensione, nel fantastico come specchio del reale. Perché è quella trasfigurazione che l’anima opera per sostenersi nell’interpretazione della realtà stessa, vissuta questa nello stato psichico ed emozionale di un volersi vivere differente dallo stato presente.